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Dario Parrini, vicepresidente dem della commissione Affari costituzionali del Senato giudica il premierato un «intrico di omissioni», dal quale «l’equilibrio tra i poteri esce pesantemente lesionato».
Senatore Parrini, come legge le parole di Mattarella su ruolo del Parlamento ed equilibrio di poteri?
Parole importanti. Il capo dello Stato ha ricordato l’insegnamento numero uno del costituzionalismo: in una democrazia liberale e pluralista i pot ri devono essere in equilibrio, e va difeso il ruolo del Parlamento. Ora, è del tutto evidente che la riforma costituzionale proposta dalla destra impoverisce la nostra democrazia stravolgendo l’equilibrio tra i poteri voluto dai Costituenti: indebolisce fortemente il Parlamento e il presidente della Repubblica dando troppo potere al presidente del Consiglio tramite un’elezione diretta che non esiste in nessun altro Paese del mondo. Un’elezione diretta che tra l’altro plasma la composizione del Parlamento. L’elezione dei parlamentari è al tempo stesso contestuale e subordinata rispetto a quella del premier. Né è un riflesso, uno strascico. Per questa via il Parlamento, altra cosa senza uguali al mondo, è posto al guinzaglio del governo. Invece di andare verso Berlino o Madrid, dove sono vigenti forme di governo parlamentare stabili e efficienti, si è deciso di andare verso l’ignoto: un “presidenzialismo primoministeriale” che avremmo solo noi.
Negli ultimi giorni si parla della soglia minima del 40% per ottenere il premio di maggioranza: che ne pensa?
È un imbroglio. Sarebbe non un premio di maggioranza, bensì una sorta di “superbonus” concesso a una persona che non ha con sé sei cittadini su dieci. Lo definirei un “megapremio di minoranza”, perché, secondo il ddl 935 Meloni- Casellati, verrebbe dato a un presidente che pur essendo espressione di una minoranza degli elettori si ritroverebbe automaticamente in mano, e in un colpo solo, Palazzo Chigi e il 55% delle Camere. Se si tratta di eleggere un organo collegiale, a certe condizioni si può anche garantire la maggioranza assoluta dei seggi alla coalizione che vince con una forte maggioranza relativa dei voti, purché non inferiore al 40%. In tal senso andava la sentenza 35- 2017 della Consulta. Ma implicazioni del tutto diverse ha l’elezione diretta di un organo monocratico.
Cioè?
Se la carica è unipersonale, quella persona deve essere legittimata dalla maggioranza assoluta dei voti espressi. Proprio per questo tutti i Paesi Ue in cui si elegge direttamente un presidente
hanno sancito in Costituzione tre cose: la soglia del 50%, il ballottaggio eventuale a due e il limite di due mandati consecutivi. Nella riforma della destra non è presente nessuna di queste tre cose. Un’altra gigantesca anomalia.
C’è dibattito anche sulle liste bloccate, e si parla di un ritorno alle preferenze: sarebbe d’accordo?
L’importante è eliminarle, o coi collegi uninominali o con le preferenze. Ma per l’attuale maggioranza le liste bloccate sono un articolo di fede. Non solo vogliono il Parlamento subordinato al governo. Ma lo vogliono anche totalmente agli ordini di tre o quattro capi, composto di eletti privi di autonomia e di un vero rapporto coi cittadini elettori. Non è vero che vogliono dare più potere ai cittadini. Se volessero questo intanto ridarebbero ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari. Ma se ne guardano bene.
Quali rapporti futuri auspica tra governo e Parlamento, visto l’attuale abuso di decreti legge e voti di fiducia?
Questa riforma che svilisce il Parlamento è tanto più pericolosa perché già oggi il Parlamento è marginalizzato dall’abuso di decreti legge e voti di fiducia. Abuso dilagato in questa legislatura, nonostante la maggioranza abbia margini numerici eccezionalmente ampi sia a Montecitorio che a Palazzo Madama. È grave che in un testo di riforma che toglie forza al Parlamento per darne di più al premier non si preveda un incremento dei contrappesi, al fine di evitare squilibri abnormi tra i poteri dello Stato.
Cosa si sarebbe dovuto prevedere?
Non si è previsto lo Statuto dell’opposizione, con cui si dovrebbero garantire alle opposizioni spazi adeguati nei lavori parlamentari e attribuire per esempio a una consistente minoranza parlamentare il potere di rivolgersi direttamente alla Corte Costituzionale, oppure il potere di promuovere inchieste. Non si sono previste misure per disincentivare e rendere più difficile il ricorso ai decreti legge. Non si è minimamente avuto cura di prevedere un aumento dei quorum per l’approvazione delle revisioni costituzionali e per l’elezione degli organi di garanzia, dal capo dello Stato, ai Presidenti delle Camere, alla Corte Costituzionale. Da questo intrico di omissioni l’equilibrio tra i poteri esce pesantemente lesionato.