Prima il salario minimo, ora la battaglia contro la “pace fiscale” proposta dal vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini.

L’opposizione prova a compattarsi su alcuni dei temi chiave del dibattito pubblico e questa volta lo fa sulle parole del leader della Lega, osteggiate anche dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, che ieri ha parlato del contrasto all’evasione fiscale non come «volontà di perseguitare qualcuno» ma come «un fatto di giustizia nei confronti di tutti coloro che le tasse, anno dopo anno, le pagano, e le hanno pagate, sempre fino all’ultimo centesimo, anche a costo di sacrifici e nonostante l’innegabile elevata pressione fiscale e di coloro che hanno bisogno del sostegno dello Stato, erogato attraverso i servizi pubblici con le risorse finanziarie recuperate».

Un concetto condiviso dal principale partito d’opposizione, il Pd, ma anche da M5S, Azione, Avs e Italia viva. «Una delle disgrazie del nostro Paese è che può succedere che il direttore dell’'Agenzia delle Entrate annunci (lo ha fatto ieri, ndr) che nel 2022 si è realizzato il recupero di evasione fiscale più alto di sempre, pari a oltre 20 miliardi, mentre due giorni fa Salvini ha denigrato l’attività dell’Agenzia descrivendo gli italiani come suoi ostaggi, e alcune settimane fa la premier Meloni ha delegittimato quella stessa attività definendola “pizzo di Stato” - tuona Dario Parrini, senatore dem e vicepresidente della commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama - Chi ora governa finge di non sapere che in un Paese ad alto debito pubblico non esiste, per ridurre le tasse ai contribuenti onesti, qualcosa di più utile e giusto di una lotta serrata all’evasione».

Sulla stessa lunghezza d’onda Anna Ascani, vicepresidente della Camera e collega di partito di Parrini, secondo la quale «il messaggio è chiaro: pagare le tasse è da sciocchi». Il non detto, aggiunge, «è che peggiorano i servizi e solo chi è ricco potrà vedere tutelati i propri diritti, a partire da salute e istruzione».

Il leader M5S Giuseppe Conte, che domenica ha ricordato l’unità delle opposizioni sul salario minimo, spiegando che «non darà tregua» al governo e dicendosi pronto «a farne una battaglia europea per il futuro del nostro Paese», ieri ha sottolineato invece il rialzo dei prezzi dei carburanti. «Qualcuno ha notizie della Giorgia Meloni che prometteva il taglio delle accise sulla benzina? - si è chiesto l’ex presidente del Consiglio - Forse è troppo impegnata a fare la guerra ai magistrati per difendere la sua cricca di amici di partito, da Santanchè a Delmastro: per il Governo il carovita può attendere, mettetevi in coda».

Ma sono le parole di Salvini a tenere banco tra le fila delle opposizioni, e a compattare una volta tanto anche il terzo polo. Di dichiarazioni «indegne di un ministro della Repubblica» parla infatti il leader di Azione Carlo Calenda, perché «in qualsiasi altro Paese si sarebbero già chieste le sue dimissioni a gran voce mentre Salvini ta ancora lì a dire balle dalla mattina alla sera senza fare assolutamente nulla», per il renziano Luigi Marattin Salvini «fa il Dracula nelle leggi e il populista nelle interviste». Lo stesso Marattin spiega infatti che «l’articolo 16 della delega dice che nel caso in cui non su paghino le tasse, non c'è più la fase intermedia di iscrizione al ruolo e della cartella esattoriale e si passa direttamente alla fase di riscossione, che può avvenire anche andando a pignorare direttamente i soldi direttamente nel conto corrente».

Di «proposta scandalosa parla invece il capogruppo di AVs alla Camera Giuseppe De Cristofaro (Avs), secondo il quale siamo di fronte a un «governo dei condoni» perché l’esecutivo Meloni «ne ha approvati 13: 12 tipi diversi di sanatoria a cui si aggiunge l’ultimo contenuto nel dl bollette».

Ma l’uscita del leader della Lega ha fatto alzare qualche sopracciglio anche tra gli alleati di governo. «In genere si parla di atti che esistono, di buone intenzioni è lastricata la via dell'inferno - ha detto ieri il capogruppo di Fdi alla Camera Tommaso Foti. «Nessun fastidio» per il pressing del Carroccio, puntualizza l'esponente di Fratelli d'Italia. «Nel momento in cui delle proposte verranno avanti, le si guaderà per quello che sono - aggunge - Se si vuole c'è il Consiglio dei ministri e il Parlamento per discuterne: è ovvio che nell'ambito dell'autonomia delle forze politiche vi è anche la possibilità di lanciare un'idea, ma dall'idea all'atto c'è sempre una certa elaborazione».

Storce invece la bocca Alberto Zangrillo, ministro forzista della Pubblica amministrazione. Sul condono fiscale «Salvini ha espresso un suo pensiero: io penso che abbia ragione il capo dello Stato quando nel discorso di fine anno ha detto che la Repubblica sta nel senso civico delle persone che pagano le tasse - spiega - La prima regola è che le imposte vanno pagate, poi e' evidente che dobbiamo essere capaci di semplificare il nostro sistema per renderlo più vicino alle esigenze dei cittadini».

Ma la pensa diversamente il segretario azzurro Antonio Tajani. «Fi è contro qualsiasi tipo di condono, siamo sempre stati favorevoli a una pace fiscale e sono ben lieto che la Lega e Matteo Salvini scelgano di seguirci su questo piano», ha chiosato.