PHOTO
IMAGOECONOMICA
Chissà se il prossimo 8 marzo, in occasione della festa della donna, Sergio Mattarella e Giorgia Meloni avranno modo di avere un breve colloquio faccia a faccia e di chiarirsi, a margine delle tradizionali celebrazioni che si svolgeranno al Quirinale. Potrebbe infatti essere quello il primo contatto ravvicinato tra i due, dopo gli attriti degli ultimi giorni, che hanno visto prima il Capo dello Stato richiamare il Viminale e il governo per le manganellate agli studenti di Pisa e poi la premier rispondere per le rime, attaccando frontalmente le «istituzioni» che «hanno ritirato il sostegno alle forze dell'ordine».
La premier, però, potrebbe saltare l'appuntamento perché impegnata in missione venerdì prossimo, quindi il vis- à- vis slitterebbe. È indubbio però che lo scontro che si è prodotto ha proiettato i rapporti tra presidenza del Consiglio e della Repubblica in una fase nuova.
In casa FdI, l'irritazione per l'uscita del Colle non è diminuita negli ultimi giorni, ma se nelle ore successive alla nota avevano prevalso commenti interlocutori e reticenti, in attesa che Giorgia Meloni tornasse da Kiev e desse la linea, dopo la messa a punto di quest'ultima in diretta tv il timore reverenziale di via della Scrofa per il Colle si è via via dissolto. Con conseguenze nell'azione politica delle prossime settimane, che si articolerà principalmente su due fronti: quello del rapporto diretto con i sindacati delle forze dell'ordine e quello dell'accelerazione sul premierato.
Sul primo fronte, il ragionamento che hanno fatto i colonnelli di Fratelli d'Italia è che per quanto Mattarella goda di grande popolarità, la maggioranza silenziosa degli italiani resta al fianco delle forze dell'ordine ed è allarmata più dalle immagini dei manifestanti che circondano i poliziotti per evitare un arresto che da quelle degli scontri con studenti e antagonisti.
Muovendo da questa considerazione, a Palazzo Chigi hanno insistito molto sulle politiche per la sicurezza dei cittadini, facendo leva sul rafforzamento del rapporto coi sindacati, con l'intenzione di intercettare un certo malcontento delle forze dell'ordine per l'ondata di critiche che le hanno investite, comprese quelle arrivate dal Colle (le rappresentanze degli agenti hanno accolto con grande frustrazione il richiamo del Capo dello Stato al «fallimento» dei manganelli, in parte moderato dalle successive dichiarazioni di solidarietà agli agenti aggrediti a Torino).
Ecco perché la premier e il ministro dell'Interno hanno colto la palla al balzo, e hanno approfittato dell'informativa in Parlamento di quest'ultimo per annunciare la prossima settimana un nuovo incontro coi sindacati dei poliziotti e far intendere che e breve ci saranno ulteriori stanziamenti per dotazioni, organico e stipendi.
Ciò potrebbe, nelle intenzioni del governo, far percepire l'esecutivo come l'istituzione principale a difesa dell'ordine e della legalità, sia dal cittadino comune che dai vertici delle stesse forze dell'ordine.
Il secondo fronte è più politico, ed è già stato evocato più volte nelle ultime dagli addetti ai lavori. Si tratta del ddl Casellati sull'elezione diretta del presidente del Consiglio, giunto a una fase cruciale del proprio percorso. Dopo le elezioni abruzzesi, la commissione Affari costituzionali dovrà sancire col voto l'accordo trovato dalla maggioranza a inizio febbraio sulla cosiddetta norma “anti- ribaltone”, fortemente voluta dalla premier, tanto da farla reintrodurre a Palazzo Madama nel testo da cui originariamente era stata espunta, Una norma che introduce degli automatismi nello scioglimento delle Camere in caso di sfiducia del premier, tali da comprimere oggettivamente le prerogative del presidente della Repubblica, così come sono configurate ora. Nel corso del dibattito in commissione erano emerse posizioni differenti tra FdI e Lega (quest'ultima orientata a lasciare maggiori possibilità a un cambio di governo in corsa) ma l'intervento del Quirinale sembra aver compattato i due partiti. Premettendo che il destino di quella che Meloni ha definito la «madre di tutte le riforme» è legato principalmente ai rapporti tra le due principali forze del centrodestra e al parallelo percorso dell'Autonomia differenziata alla Camera nessuno, nel perimetro della maggioranza, se la sente di negare che il recente attivismo di Mattarella determinerà minori cautele da parte della presidente del Consiglio nell'arrivare in breve tempo all'approvazione del ddl in prima lettura. Un iter lungo, fatto di una doppia lettura in entrambi i rami del Parlamento con una verosimile coda referendaria e – a questo punto – un latente conflitto istituzionale.