Altro che endorsement. Quello che Matteo Renzi riceve da Barack Obama a Washington nell'ultimo State Dinner del suo mandato («Ho lasciato il meglio per la fine») è un appoggio esplicito e diretto nella battaglia politica per lui più importante: il referendum costituzionale del 4 dicembre.«Penso che quel voto possa aiutare ad accelerare il percorso dell'Italia verso un'economia più vibrante ed un sistema politico più efficace». Praticamente una dichiarazione esplicita per il Sì: un successo netto per il presidente del Consiglio italiano. Nella conferenza stampa prima della cena, Obama ha usato parole al miele verso l'ex sindaco di Firenze: «Matteo Renzi ha dimostrato di essere un leader. Non potrei avere un amico migliore. Matteo rappresenta una nuova generazione di leader non solo in Italia, ma nell'Unione europea e nel mondo».Dunque un sostegno alla leadership renziana di grande spessore, di quelli che lasciano il segno: «Il presidente del Consiglio italiano guarda non alle paure bensì alle speranze della gente. L'Italia sta cambiando lo statu quo con le riforme». Espressioni lusinghiere pronunciate non per un semplice dovere di ospitalità ma con un obiettivo preciso. Nelle intenzioni della Casa Bianca, infatti, non c'è solo la volontà di elogiare le scelte del premier italiano ma anche e soprattutto, di offrire una spinta nella battaglia che Renzi conduce nella Ue a favore di politiche economiche orientate alla crescita e non più unicamente al rigore. «Siamo d'accordo - ha specificato Obama - sul fatto che dobbiamo concentrarci sulla crescita per portare prosperità e lavoro alla gente».Dunque l'appuntamento di Washington ha corrisposto alla grande alle attese del premier italiano: un riconoscimento a stelle e strisce che assegna a Renzi una dimensione e uno status politico che suona al tempo stesso come legittimazione e viatico per l'azione del capo del governo italiano sullo scacchiere europeo ed internazionale. Parole, quello del presidente americano uscente, che tracciano una scia nella quale sarà facile per Hillary, se vincerà l'8 novembre, inserirsi. E che allo stesso modo suonano beneauguranti per la battaglia politica che attende Renzi in Patria: la consultazione popolare che si svolgerà in mese dopo. «Penso che Renzi debba restare premier anche se vince il No», ha chiarito Obama.Il premier italiano ha ripagato il suo ospite con lo stesso vigore: «Siamo lieti di essere qui. È un regalo incredibile. Siamo entusiasti di questa opportunità. Il legame che unisce Italia e Usa non è mai stato così profondo». Ma, ovviamente, il pensiero dell'inquilino di palazzo Chigi è ancorato alle vicende interne: «Ringrazio il presidente americano del suo supporto per la comune battaglia a favore della crescita e contro l'austerità. Io credo che siamo di fronte a una stagione della vita politica in cui mentre qualcuno sceglie l'odio e l'intolleranza noi abbiamo bisogno di scommettere sui nostri valori che hanno fatto grande il nostro Paese e l'Europa che ha bisogno di ritrovare la propria anima». E poiché in Italia i numeri che in contemporanea alla visita Usa ha sciorinato l'Inps sono inquietanti, Renzi coglie la palla al balzo: «Mi sono dovuto scusare con il Presidente Obama per aver utilizzato l'espressione Jobs Act che è un'espressione copiata ma, come ci siamo detti, possiamo copiare dalla grande esperienza americana. Il Jobs Act ha creato oltre 500mila posti in più di lavoro. Non sono ancora sufficienti ma sono importanti per uscire dalle difficoltà». Né poteva mancare un riferimento al tema drammatico dell'immigrazione: per il presidente americano «l'Italia è la responsabile principale per avere salvato migliaia di vite nel Mediterraneo. Ha mostrato una leadership in Europa». Un messaggio forte contro gli egoismi europei. A Renzi sarà utilissimo nei prossimi vertici Ue.