Uno spettro si aggira a Via Bellerio, e spaventa non poco il segretario federale della Lega Matteo Salvini. Si tratta del possibile ritorno alla base del governatore del Veneto Luca Zaia, dopo la prossima tornata elettorale (prevista per il 2025) che coinvolgerà la regione che, per ammissione anche degli avversari di centrosinistra, esprime il presidente più amato dai propri cittadini. Il dualismo tra l'ex-ministro dell'Interno e Zaia è cosa arcinota, e la preferenza per quest'ultimo da parte della vecchia guardia del Carroccio (i bossiani ex- secessionisti che non hanno mai digerito la svolta nazionale e sovranista di Salvini) altrettanto.

Il 2024, però, sarà l'anno in cui i nodi verranno al pettine, e ne è prova il fatto che il partito del centrodestra che vive la maggiore inquietudine, al momento, è indiscutibilmente la Lega. Dell'ordine del giorno indulgente nei confronti di Putin presentato in Senato e ritirato in fretta e furia dopo l'appoggio grillino si è già detto. Ora, la guerriglia verde ha messo nel mirino la questione elezioni, in particolare il limite dei due mandati consecutivi per i governatori.

Il segnale, al termine del consiglio dei ministri di giovedì scorso, dai piani alti del Carroccio è arrivato forte e chiaro: esultare per la caduta del limite a due mandati per i sindaci delle piccole città, per rivendicarne l'estensione a tutti i livelli e fare pressing su Palazzo Chigi. L'idea di Salvini e dei suoi è quella di presentare un emendamento al Dl elezioni ( ora alla Camera), farselo votare dagli alleati e lasciare Zaia sulla poltrona del “Doge” praticamente a vita. Il problema è che Giorgia Meloni non ha alcuna intenzione di togliere le castagne dal fuoco alla Lega: quella della successione è una questione che in FdI non è nemmeno concepibile, e dentro Forza Italia è stata archiviata con l'endorsement “papale” di Gianni Letta per Antonio Tajani alla kermesse per il Trentennale del discesa in campo di Silvio Berlusconi.

Viceversa, è dalle ultime Politiche che il malumore interno nel Carroccio fa sempre più fatica a essere sopito, e questo rappresenta per Salvini un grandissimo cruccio. Ma da via della Scrofa fanno anche notare che, aprendo la strada al terzo mandato, le castagne dal fuoco non le toglierebbero solo a Salvini ma anche al Pd, nel quale da tempo è in corso una guerra di trincea tra la segretaria Elly Schlein e il dominus della Campania Vincenzo De Luca, proprio su questo tema.

Difficilmente questa operazione potrà andare a buon fine, ma a questo punto la partita per i candidati alla presidenza del Veneto potrebbe lasciare sul campo dei feriti, visto che FdI reclama da tempo un governatore al Nord ( è l'unica forza di maggioranza a non averne alcuno) mentre la Lega considera il Triveneto terra inviolabile da altri partiti. Prima, però, ci sono le elezioni europee, e anche su questo fronte Salvini dorme sonni tutt'altro che tranquilli: in questo caso lo spauracchio è il sorpasso da parte di Fi: sembrano lontani i tempi in cui sembrava ineluttabile la prospettiva della fagocitazione degli azzurri da parte del Carroccio, condita da una serie di passaggi preventivi dalle fila di Fi a quelle della Lega.

Il vento sembra ora soffiare da un'altra parte, e la presidente del Consiglio assiste da una posizione di privilegio alla bagarre per la piazza d'onore della coalizione. Che se a giugno dovesse diventare azzurra, significherebbe un colpo difficile da incassare per Salvini. Ecco perché è verosimile attendersi nel breve termine l'all- in sull'Autonomia, il cui testo è approdato alla Camera dopo un ok del Senato che sa di interlocutorio, in attesa che i veri nodi (quelli dei Lep) vengano sciolti. Per avere un assaggio del clima che accompagnerà questa partita, basterà seguire le trattative in maggioranza sulle modifiche al testo Casellati sul premierato, al via tra oggi e domani. Dire che i due dossier viaggiano in parallelo sa ormai di banalità.