Non si può più parlare di segretezza, né ignorare che la storia della massoneria «è legata strettamente» all’unità d’Italia. A dirlo è Santi Fedele, Gran Maestro aggiunto del Grande Oriente d’Italia nonché professore ordinario di Storia contemporanea nell’Università di Messina, che interviene sulla caccia al massone avviata dal Movimento 5 stelle. Una caccia «a ciò che non si comprende», cavalcando le paure di chi non conosce la massoneria «a fini elettorali», racconta al Dubbio.

Professore, cosa lega la massoneria all’unità d’Italia?

Inizialmente la massoneria viene messa fuorilegge da tutti i governi degli Stati preunitari ma è presente attraverso la carboneria, nella quale molti massoni continuano a operare per l’unità. Ma quello che vorrei sottolineare è il contributo dato al farsi dello Stato italiano. Ricordiamo la celebre frase di D’Azeglio: fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani. Noi la interpretiamo in termini lamentativi moralistici, invece era un’esortazione: bisognava creare una coscienza nazionale tra popolazioni prima divise.

Qual è stato il suo contributo?

Ad esempio l’intitolazione delle strade a Roma risorta, a Garibaldi e così via. Potrà sembrare banale ma è uno strumento formidabile per veicolare, in una popolazione quasi totalmente analfabeta, un’identità nazionale. E nei 50 anni dopo l’unità, i massoni ricoprono il ruolo di ministro della Pubblica istruzione, con l’obiettivo di sviluppare l’istruzione popolare. Coppino, che istituisce la scuola elementare obbligatoria e gratuita, era massone e questa legge è finalizzata all’acculturazione ma anche alla conquista dei diritti civili. La legge elettorale, agli inizi, è infatti censitaria: votano soltanto coloro che pagano almeno 40 lire di imposte dirette. Successivamente si aggiunge il criterio della capacità: può votare colui che sa leggere e scrivere. Chi frequenta le prime due classi elementari, grazie alla legge Coppino, viene quindi iscritto nelle liste elettorali. Ciò comporta la formazione di una coscienza civile.

Qual è stato il periodo più duro?

Tra il 1919 e il 1945. Tutti i regimi totalitari in Eu- ropa hanno in comune l’avversione dichiarata nei confronti della massoneria. Il fascismo lo ha fatto per due motivi: la soppressione della massoneria è il prezzo richiesto a Mussolini dalla Chiesa - che non ne tollera l’impronta razionalista - affinché si pervenga ai patti lateranensi, in secondo luogo uno Stato totalitario esercita un controllo globale e quindi è inconcepibile l’esistenza di una società che ha un’attitudine alla riservatezza.

Come si spiega l’avversione da parte del M5s?

Non attribuisco al suo gruppo dirigente una cultura politica tale da poter capire che la storia della massoneria è legata all’avvio del costituzionalismo moderno. Si pensa di poter avere dei consensi elettorali sfruttando le paure inconsce, rievocando la P2, che noi abbiamo combattuto dandoci regole rigide. È un dato inquietante, ma guardiamo avanti. E non si può più parlare di segretezza, ma solo di riservatezza, riferita al dato meramente rituale. Ma anche quello, ormai, è cosa nota.

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