Nonostante il clima pasquale la guerra a bassa intensità dentro al Pd procede regolare. Nessun ramoscello d’ulivo all’orizzonte che sancisca una tregua tra correnti. E dopo le schermaglie in assemblea, il confronto tra opposte fazioni si trasferisce in pubblica piazza. Oggetto del contendere: il ruolo del partito nella fase delle consultazioni al Quirinale. I renziani, si sa, non vogliono sentir parlare di aperture al dialogo. Il Pd deve saltare un giro per rinascere dalle proprie macerie, è la strategia che l’ex segretario ha imposto ai suoi. Tutti gli altri - da Dario Franceschini ad Andrea Orlando, passando per Michele Emiliano - vorrebbero invece un partito più aperto al confronto. Col Movimento 5 Stelle, si intende.

Il primo a lanciare la sfida è il ministro della Giustizia. Intervistato dal Corriere della Sera, il leader della minoranza dem spiega il suo punto di vista. «Non basta dire “tocca a loro”. Prendere atto delle distanze che separano la nostra visione politica e istituzionale da quella delle forze premiate dal voto non equivale a esprimere una linea politica». Serve dunque una nuova strategia, quella proposta da Renzi è solo tattica di breve respiro, è il senso del ragionamento orlandiano. «Il quadro emerso dalle urne non ci consente di realizzare il nostro progetto da soli o in alleanza», dice il ministro. «Questo non ci esime dall’indicare le nostre priorità. Proporre un’agenda sociale al Paese». Sarebbe stato meglio quindi riunire l’assemblea dei gruppi parlamentari prima di recarsi al Colle per le consultazioni con Sergio Mattarella. L’opzione però è stata scartata dal reggente Maurizio Martina che, per Orlando, ha commesso un «errore».

La dichiarazione di guerra è stata consegnata, non resta che attendere la reazione della controparte. Che arriva puntuale. «Possiamo chiudere qui un dibattito che non ha nessun possibile sviluppo? Il Pd non sosterrà mai nessun governo del M5S, nessun governo Lega Cinque Stelle», scrive stizzito su Facebook Andrea Marcucci, neo capogruppo dei senatori dem. «La linea che porteremo la prossima settimana al Colle è quella votata praticamente all’unanimità in direzione: il Pd in questa legislatura starà all’opposizione». Discussione chiusa. Non si può dialogare con chi ha condotto una campagna elettorale mettendo attaccando quotidianamente il Pd. «Qualcuno pensa davvero che sia possibile allearsi con Di Maio?», attacca ancora Marcucci. «Ovvero con colui che ha un programma opposto al nostro, che per cinque anni ci ha insultato ogni giorno, ha insultato il nostro segretario Matteo Renzi, le politiche dei nostri governi, e persino i nostri elettori?». I colonnelli renziani fanno scudo attorno al leader. Oltre a Marcucci, sbarrano la strada ai grillini anche Ettore Rosato e Davide Faraone, preoccupati da alcune indiscrezioni stampa - poi smentite - che vorrebbero Luigi Di Maio pronto a fare un passo indietro in cambio di un’alleanza programmatica col Pd.

E nella mischia si getta anche il neo iscritto Carlo Calenda, che su Twitter difende l’operato dell’ex premier e sguaina la “penna” contro i “dialoganti”: «Renzi ha fatto errori ma come Pdc ( presidente del consiglio, ndr) ha fatto più di chiunque altro nella seconda repubblica e soprattutto ha affrontato le sfide a viso aperto. Se torniamo alle correnti che si fanno la guerra sottobanco e lavorano per il M5S consegnamo il paese ai populisti x sempre». Nel mirino del ministro dello Sviluppo economico ci sono Michele Emiliano e Francesco Boccia, chiamati in causa sul social network. La replica di Boccia è immediata: «Quando il ministro Calenda frequenterà di più il Pd, discuteremo approfonditamente di politica, della condizione in cui siamo e di come tornare ad essere un riferimento per i milioni di elettori di sinistra che, per il momento, hanno preferito sostenere il M5S». La resa dei conti è appena iniziata, ma la pausa pasquale può cominciare.