Modificare l'Italicum, almeno in un ramo del Parlamento, prima del 4 dicembre. È questa l'ultima offerta che la minoranza Pd presenta al segretario Matteo Renzi per cambiare idea sul referendum costituzionale. Altrimenti tutta la sinistra dem si schiererà compatta per il No. La direzione di lunedì si è conclusa con un compromesso al ribasso che non soddisfa l'opposizione interna. Il premier ha proposto la creazione di una commissione - formata da tutte le anime del partito - incaricata di elaborare un testo di riforma elettorale il più possibile condiviso da tutte le forze parlamentari. Ma la minoranza non crede ai buoni propositi del leader e per mutare posizione sul referendum vuole vedere nero su bianco la cancellazione dell'Italicum. Eventualità che, al momento, il presidente del Consiglio non prende nemmeno in considerazione, scavando un solco sempre più profondo tra la sua maggioranza e la sinistra dem. Ma guai a parlare di scissione. Anche se il primo a parlare di possibili rotture è stato Gianni Cuperlo («se necessario, ci divideremo», ha detto in direzione), i maggiori esponenti della minoranza smentiscono categoricamente l'ipotesi. «Non c'è nessuna ragione perché qualcuno possa cacciarci», spiega al Dubbio l'ex responsabile Organizzazione Pd, Nico Stumpo, commentando le parole di Pierluigi Bersani che in mattinata aveva detto: «Nessuno mi butterà fuori dal mio partito, cioè da casa mia, ci può riuscire solo la Pinotti (il ministro della Difesa ndr) schierando l'esercito». Perché l'obiettivo dei dissidenti non è di creare un nuovo partito che infastidisca il premier da sinistra. «La mia ferma intenzione è di restare nel Pd e cercare di costruire una maggioranza nella quale riconoscermi», racconta Stumpo. La segreteria Renzi sta arrivando alla sua scadenza naturale - è il ragionamento degli oppositori interni - dunque, la leadership torna ad essere contendibile. «Chi non è mai stato renziano, e non siamo rimasti in tanti, non trova nessuna ragione per diventarlo ora. Per questo da tempo stiamo lavorando per dire la nostra al congresso», è l'augurio del deputato "non allineato". Difficile però prevedere che peso avrà la minoranza dem al congresso. Tutto, ovviamente, dipenderà dall'esito del referendum e dai candidati che si sfideranno. Al momento, l'unico concorrente riconosciuto dagli anti renziani è Roberto Speranza, l'ex capogruppo alla Camera, dimessosi dall'incarico in seguito alla decisione del governo di porre la fiducia sull'Italicum. Messa così sembra la sfida tra Davide e Golia, col pronostico tutto a favore del gigante. Ma i dissidenti non demordono, consapevoli che in caso di vittoria del No tutto sarebbe possibile. E per non impegnarsi nella campagna referendaria contro la linea del partito, gli oppositori provano a convincere Matteo Renzi a una svolta: «Chi guida la macchina è il segretario del partito, se lui decide di accostare l'auto e ragionare un attimo noi non siamo pregiudizialmente contro il percorso delle riforme. Il problema è il combinato disposto di riforma e legge elettorale», continua Nico Stumpo. «Non so perché Renzi sia rimasto sordo anche agli appelli del Presidente Napolitano che gli diceva di partire dal testo del Mattarellum 2.0 per mediare. Quello che so è che siamo finiti in questo cul de sac perché c'è stata una forzatura del governo sulla legge elettorale e perché tutte le cose sono state decise su tavoli esterni al partito. Evidentemente non c'è l'accordo fuori dal Pd».E mentre la minoranza attende una risposta dal presidente del Consiglio, Massimo D'Alema ha già preparato la sua proposta di "controriforma" costituzionale. La presenterà oggi pomeriggio, insieme a Gaetano Quagliariello, a Roma. Un'arma già carica in caso di mancata marcia indietro da parte del segretario.