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Percezione e realtà. Anche quando si parla di immigrazione questo binomio entra nel dibattito non senza frizioni. Se si prende in considerazione la percezione, gli sbarchi che stanno interessando le coste italiane, a partire da quelle di Lampedusa, inducono a parlare di “invasione”. Ne consegue che gli appetiti demagogici e populisti di alcuni esponenti politici vengono stimolati. Se, invece, ci confrontiamo con la realtà e prendiamo in considerazione i dati ufficiali, la prospettiva cambia. Soffermiamoci, quindi, su quanto accade quotidianamente, guardando in faccia la realtà.
I dati del Viminale
Il dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno pubblica quasi ogni giorno sul sito del Viminale il “cruscotto statistico”, contenente l’insieme dei numeri aggregati sugli sbarchi e l’accoglienza degli stranieri. L’ultima elaborazione è del 15 settembre . Il ministero precisa che i numeri indicati sono suscettibili di modifiche, seppur sensibili, in quanto la comunicazione dei dati è frammentaria per questioni tecniche legate al caricamento da parte delle strutture sparse sul territorio nazionale.
Dal 1 gennaio al 15 settembre 2023 sono sbarcati sulle coste italiane 127.207 migranti. Nello stesso periodo di riferimento, nel 2022, gli arrivi sono stati quasi la metà (66.237); ancora meno nel 2021 (42.750). Il mese di settembre presenta un picco di sbarchi: una settimana fa, il 12 settembre, sono stati 5.018. Lo stesso giorno di un anno fa sbarcarono 1.030 persone. Il 13 settembre scorso gli arrivi sono stati 2.980, mentre nel 2022 furono 988. I mesi di luglio e agosto hanno fatto registrare il numero maggiore di approdi sulle coste italiane. A luglio sono arrivate 23.420 persone, ad agosto 25.664. Cifre schizzate all’insù se si prendono in considerazione gli stessi mesi del 2021 (nel luglio 2021 gli sbarchi sono stati 8.609, nel 2022 sono stati 13.802; nell’agosto 2021 si sono contati 10.269 arrivi, nel 2022 sono stati 16.822).
Chi fugge verso l’Italia
Il Viminale individua anche le nazionalità dichiarate dalle persone al momento dello sbarco. Prevalgono fino ad oggi i cittadini della Guinea (15.088), seguono quelli della Costa d’Avorio (14.208), Tunisia (11.530), Egitto (8.420), Bangladesh (7.575), Burkina Faso (6.783), Pakistan (6.321), Siria (5.071), Camerun (4.279), Mali (4.274). I restanti 43.658 migranti hanno altre nazionalità.
Dalla Costa d’Avorio al “sogno europeo”
I cittadini ivoriani si collocano al secondo posto per numero di arrivi in Italia. In questo caso non manca un particolare elemento geopolitico, che vale la pena prendere in considerazione. La Costa d’Avorio, rispetto ad altri paesi, come il Pakistan, la Tunisia e la Guinea non presenta un assetto governativo autoritario o dittatoriale. È una democrazia che negli ultimi anni ha avuto un Pil in costante crescita, in media dell’8 per cento all’anno. Secondo il Fondo monetario internazionale, nel 2023 è prevista una crescita del 6,2.
Inoltre, il Paese africano ha raddoppiato in dieci anni il reddito pro capite ed è attualmente il maggior produttore ed esportatore mondiale di cacao, il sesto di caffè, il primo esportatore di olio di palma e il primo produttore africano di gomma. Nonostante questo quadro piuttosto roseo, non mancano gli squilibri sociali. I giovani ivoriani vogliono raggiungere i loro connazionali e parenti in Europa, prima di tutto in Francia e Belgio. Per realizzare il “sogno europeo”, come ha spiegato alla rivista Vita Lorenzo Manzoni, responsabile Avsi per la Costa d'Avorio, i giovani ivoriani sono disposti a investire una parte dei loro risparmi e a rischiare la vita. Già, perché il viaggio con destinazione l’Europa può costare fino a 5mila euro, è pieno di imprevisti ed è scandito da diverse tappe.
In Tunisia o in Libia il trasferimento in Europa diventa una vera e propria scommessa. Ci si assume il rischio per poi intraprendere un viaggio della speranza a bordo di un barchino per la prima, importante, meta: Lampedusa. Chi sbarca sull’isola siciliana è molto fortunato. La permanenza nell’hotspot dovrebbe essere solo una parentesi del viaggio, il nostro Paese è considerato un luogo di passaggio. Le mete sono altre e, dunque, la percezione di cui parlavamo all’inizio si scioglie di fronte alla realtà.
L’opinione del giurista
Secondo l’avvocato Fulvio Vassallo, già docente di diritto di asilo all’Università di Palermo, occorrono interventi strutturali, senza cedere alla tentazione degli annunci. «Un "Piano di azione" europeo - dice al Dubbio - non contiene norme ad impatto immediato, vincolanti per gli Stati membri, ma prevede soltanto un insieme di attività amministrative e anche misure legislative da parte delle istituzioni europee a seguito di criticità emerse nella attuazione di programmi europei. Viene adottato in vista di azioni correttive per realizzare le finalità perseguite dall'Ue. A sette mesi dalle elezioni europee il Piano di azione Ue in dieci punti, annunciato da Giorgia Meloni e Ursula Von der Leyen a Lampedusa, rappresenta l'ennesima strumentalizzazione elettorale, che potrebbe legittimare soltanto ulteriori prassi illegali di respingimento collettivo in mare e accordi per deportazioni dirette o indirette in paesi terzi non "sicuri". Tra questi la Tunisia e la Libia che operano espulsioni sommarie e respingimenti collettivi verso paesi di origine, che non rispettano i diritti umani o versano in situazione estreme di conflitto o di devastazione ambientale».