LE PAROLE DEL MINISTRO PIANTEDOSI

Solidarietà e fermezza. Sono state queste le parole d’ordine dell’informativa di ieri in Senato del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sulla gestione dei flussi migratori e la crisi diplomatica con la Francia derivante dallo scontro sul destino della Ocean Viking, nave della ong Sos Mediterranèe.

Attorniato da esponenti di governo leghisti, dal ministro per gli Affari regola, Roberto Calderoli, alla sua sinistra, al sottosegretario all’eterno, Nicola Molteni, poco più in là, Piantedosi ha detto che «il governo conosce il significato della parola dignità» e che «la sua azione sarà sempre ispirata da solidarietà e fermezza». Tuttavia puntualizzando, subito dopo, che «in Italia non si entra illegalmente» e che «la maggior parte dei migranti che arrivano in Italia sono migranti economici, quindi non hanno diritto di rimanere nel nostro paese».

Poi il titolare del Viminale ha illustrato le azioni del governo nei giorni della crisi dei migranti sulle quattro navi ong che hanno soccorso centinaia di migranti tar fine ottobre e inizio novembre nel Mediterraneo. Pur riscontrando differenze tra la Humanity 1, della ong Sos Humanity, e la Geo Barents, di Medici senza frontiere, da un lato, e la Rise Above di Mission lifeline, dall’altro, Piantedosi ha sottolineato come tutte hanno effettuato salvataggi «nelle zone Sar maltesi, libiche o entrambe» e non in quelle italiane, usando questo tema per specificare che «l’Italia è intervenuta al di là dei propri obblighi internazionali».

E se tutte le navi sopra citate sono entrate in acque territoriali italiane e di conseguenze è stato loro notificato il divieto di sostare «oltre il tempo necessario al soccorso delle persone bisognose di assistenza», il ministro dell’Interno ha sottolineato come la Ocean Viking non sia mai entrata nelle nostre acque territoriali. La nave, ha detto Piantedosi, «si è spostata verso Ovest di sua spontanea volontà» e che questa soluzione «non era auspicata dall’Italia» tanto che poi «ha creato attriti internazionali».

A questa versione dei fatti ha replicato Francesco Creazzo, portavoce di Sos Mediterranèe. «La Ocean Viking ha atteso più di 15 giorni fuori dalle acque territoriali di Italia e Malta, inoltrando decine di richieste a questi paesi per un place of safety e attendendo pazientemente che uno di questi due paesi rispettasse le norme internazionali - ha spiegato Creazzo - Questo non è avvenuto e come le autorità italiane sanno molto bene, perché sono informate costantemente della situazione a bordo, le condizioni dei naufraghi si sono molto aggravate e siamo stati costretti a chiedere pubblicamente un porto sicuro alla Francia: quindi ci siamo diretti verso la Francia». Specificando poi che «le crisi internazionali e diplomatiche, semmai ci sono state, non possono essere addebitate alla responsabilità di una nave umanitaria che ha compiuto il proprio dovere legale ma caso mai alle inadempienze del diritto internazionale da parte degli Stati».

Piantedosi, citando il rapporto europeo Frontex, ha poi spiegato che «la presenza di ong al largo della Libia rappresenta un fattore di attrazione» e su questo punto ha risposto Open Arms. «Non abbiamo idea di come possano arrivare ad accusarci di una condotta così lontana da quella che assumiamo durante le operazioni», è la linea della ong.