«Onestamente non mi risulta nessuna telefonata» con Luigi Di Maio. Forse Giuseppe Conte non immaginava di passare così le vacanze di Natale: a giustificarsi sul Mes. Eppure sono giorni che il leader del Movimento 5 Stelle non fa altro che smentire con ogni mezzo le notizie pubblicate da Repubblica.

Al centro della polemica l’atteggiamento contraddittorio di Conte presidente del Consiglio rispetto al Conte deputato dell’opposizione rimproverato da Stefano Cappellini. Una sorta di dottor Jekyll e Mr. Hyde: di giorno premier favorevole alla riforma del Salva Stati, di notte strenuo oppositore parlamentare. Un’accusa dalla quale l’ex avvocato del popolo prova a difendersi senza tregua, a costo, sempre secondo Repubblica, di chiedere una mano a Luigi Di Maio - ormai insospettabile di simpatie grilline - come testimone oculare delle vecchie vicende di governo.

Nulla di più falso, replica Conte, volendo chiarire all’Ansa che «il Movimento non cerca nessuna sponda e non ha bisogno di nessuna prova testimoniale per la semplice ragione che gli atti compiuti, a partire dal confronto parlamentare, sono tutti corredati da puntuali prove documentali. E questi documenti inchiodano Meloni dimostrando che ha mentito al Paese». Ma è forse l’avvocato non si aspetta che il diretto interessato lo smentisca. Perché poco dopo, sempre all’Ansa, Di Maio dice: «Se mi cercano ex colleghi del M5S? Non è una polemica che mi riguarda. Chi mi ha chiamato nei giorni delle dichiarazioni in Aula del premier Meloni, è libero di dirlo se vuole», dice l’attuale inviato dell’Ue per il Golfo, infittendo la trama di giallo.

Conte si sbraccia, sbraita, si agita perché il Mes è un nervo scoperto della retorica grillina, un cavallo di battaglia che non può trasformarsi in un autogol. Così, il 25 dicembre, invece di scrivere la letterina a Babbo Natale, l’ex premier ha preso carta e penna per inviare una lettera di precisazioni e accuse al quotidiano diretto da Maurizio Molinari. «Caro direttore», è l’inizio cordiale del leader pentastellato, che però subito cambia registro, poche righe più giù. Obiettivo dei suoi strali è Cappellini, il giornalista che pochi giorni prima ha messo nel mirino le sue ambiguità: «Cappellini da anni si ingegna, con la posa sussiegosa di un guru della gauche caviar, a dettare la linea politica al Pd.

Ma questa ambiziosa operazione non gli riesce. Et pour cause, perché ove i suoi consigli “fuggi-consenso” fossero mai apprezzati, la sinistra si ritroverebbe con un numero di elettori pari ai frequentatori dei salotti in cui lui si aggira», scrive l’avvocato Conte. «Visto l’accanimento con cui ci tratta deve però essersi convinto che questo suo fallimento sia imputabile alla stabile presenza, nell’area progressista, del Movimento 5 Stelle.

Insomma siamo alle solite: queste brillanti firme vivono il Movimento 5 Stelle come un fastidioso intruso non solo dell’area progressista, ma dell’intero quadro politico, da guardare altezzosamente dall’alto in basso», sono le parole al vetriolo selezionate dall’ex presidente del Consiglio, convinto che a trascorrere delle festività infernali sarebbe stato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, finito nel mirino delle opposizioni per essere stato smentito dalla sua stessa maggioranza sul Mes. E invece no, il capo dei 5 Stelle deve spiegare. Così appassionatamente che un po’ gli sfugge la mano con le accuse al giornalista, attirandosi le critiche dei suoi storici avversari politici: Italia viva e Azione.

«Le parole di Conte nei confronti di Stefano Cappellini sono un attacco inaccettabile», scrive su X la coordinatrice nazionale del partito renziano Raffaella Paita. «Se la sua “colpa è aver messo nero su bianco il trasformismo del leader grillino e la sua vicinanza alla destra più che al campo progressista, be’ quella colpa si chiama giornalismo. Tutta la mia solidarietà», sottolinea con gioco facile l’esponente di Italia viva.

E non va meglio con Daniela Ruffino di Azione che dice: «Come ogni giornalista, anche Stefano Cappellini è libero di scrivere ed esprimere le proprie opinioni, condivisibili o meno, ma sono sue e tutto questo è parte integrante, e decisiva, di quel sistema di regole e di garanzie che conosciamo come democrazia», dichiara la calendiana. «Il giornalismo, per dirla con Vittorio De Caprariis, è una delle garanzie della libertà. Al trasformista Conte, novello Zelig della politica, dispiace tutto questo. A me dispiace, invece, che del suo camaleontismo non si sia ancora accorta Elly Schlein. Offro così uno spunto di analisi allo stesso

Cappellini, insieme alla mia solidarietà», aggiunge, approfittando della confusione per lanciare una frecciata anche alla segretaria del Pd. Conte, dal canto suo, non demorde: continua a negare ogni ambiguità e a smentire ogni retroscena su possibili favori offerti al governo col suo voto contrario al Mes di pochi giorni fa. Di questo passo non gli resterà che aspettare nell’Epifania che ogni polemica, forse, si porterà via.