Poche ore ancora e le nomine ai vertici della prossima Unione europea saranno ufficiali. Il Consiglio europeo decreterà infatti oggi il bis di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione, la nomina dell’ex premier socialista portoghese Antonio Costa alla guida dello stesso Consiglio e dell’attuale primo ministro estone Kaja Kallas alla guida della “politica estera” europea.

Nelle trattative che si sono susseguite da ieri mattina e che sono proseguiti a cena e poi fino a tarda notte, è stata coinvolta anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, inizialmente esclusa da quei «caminetti» denunciato dalla stessa leader di Fd’I nelle comunicazioni alle Camere prima della partenza per Bruxelles.
Ma il ministro degli Esteri Antonio Tajani sta lavorando da giorni per convincere i Popolari ad aprire al coinvolgimento di Meloni, tessendo di giorno, come un moderno Penelope, una tela che poi in diversi la notte cercavano di disfare. In primis il leader della Lega Matteo Salvini, che non ha mai nascosto il desiderio di affossare il bis di von der Leyen e di ricreare «il centrodestra» anche in Europa.
Ma anche le parole di Meloni in Aula sono sembrate a più di un esponente forzista «un po’ troppo piccate», e tuttavia Tajani ha sempre mantenuto la barra dritta: sì al coinvolgimento dei Conservatori, no all’apertura verso i Verdi. Con una certezza: la sola maggioranza Popolari, Socialisti e Liberali è troppo fragile, viste le decine di franchi tiratori che presumibilmente tenteranno di affossare la stesa von der Leyen il prossimo 18 giugno, quando il Parlamento di Strasburgo sarà chiamato a eleggerla alla guida di palazzo Berlaymont.
D’altronde, cinque anni fa von der Leyen aveva sulla carta 444 voti ma ne ottenne solo 383, mentre questa volta la base di partenza delle tre principali famiglie è di 399, con il quorum fissato a 361. Per questo ieri arrivando a Bruxelles il premier polacco Donald Tusk, uno dei più restii negli scorsi giorni ad aprire ai Conservatori, ha detto che «non c’è Europa senza Italia, non c’è decisione senza Giorgia Meloni». E parlando poi di malinteso sui disaccordi delle ultime ore. «A volte - ha spiegato - servono delle piattaforme politiche specifiche per agevolare il processo, la posizione comune dei tre maggiori gruppi serve a facilitare il processo, ma la decisione spetta al Consiglio europeo». Anche il leader dei Popolari Manfred Weber ha spezzato una lancia a favore dell’inquilina di palazzo Chigi, spiegando che «il processo, cruciale, per tenere conto anche degli interessi italiani è fondamentale per l’Unione europea».
Meloni deve giocare una doppia partita, visto che oltre a quella sulle nomine deve anche fare i conti con i dissidi nel proprio gruppo. Da giorni infatti sono in corso trattative tra l’ungherese Viktor Orban, il polacco Mateusz Morawiecki, il cielo Andrej Babis e lo sloveno Janez Jansa, al quale potrebbe aggiungersi lo slovacco Robert Fico, per dare vita a un nuovo gruppo all’interno del Parlamento europeo, da rinominare Cee (Central eastern Europe). L’eventualità, che ha fino al 50% di possibilità di andare a buo n fine secondo diverse fonti, farebbe sì che il gruppo dei Conservatori di Meloni perderebbe 20 eurodeputati, tornando quarto dietro i Liberali di Renew.
Tuttavia le dichiarazioni dei polacchi del Pis su una loro eventuale uscita dai Conservatori e riformisti europei non sembrano preoccupare la delegazione italiana nel gruppo. «Stanno trattando delle posizioni in Ecr, ci rivedremo settimana prossima in Sicilia e vedremo come finisce», hanno detto fonti dei Conservatori. La prossima settimana infatti si terranno gli Study Days di Ecr per la riunione costitutiva del gruppo (che si sarebbe dovuta tenere mercoledì ma che è slittata al 3 luglio) ci sarà la possibilità di un confronto anche con il Pis di Morawiecki.
A Bruxelles si è parlato anche di Ucraina, con la partecipazione del presidente Volodymyr Zelensky al Consiglio Ue. «Ringrazio Charles Michel e tutti i leader dell’Ue per aver sostenuto i negoziati di adesione dell’Ucraina all’Ue - ha detto il presidente ucraino - Gli ucraini lo aspettavano da molto tempo. Abbiamo fatto un passo in avanti significativo e diventeremo certamente membri a pieno titolo dell’Ue». L’incontro tra Zelensky e Michel è stato incentrato sull’ «avvio dei negoziati di adesione all’Ue» e sul «sostegno all’Ucraina» e al tempo stesso è stata confermata volontà di tutti gli Stati membri di inasprire le sanzioni dell’Ue contro la Federazione Russa, combattere i tentativi di evaderle e cooperare per contrastare le minacce ibride e informatiche, garantendo anche la libera navigazione nel Mar Nero e nel Mar d’Azov. Le parti hanno anche concordato di aprire un ufficio per l’innovazione della difesa a Kiev e continueranno a rafforzare la collaborazione in materia di industria della difesa. L’Europa fornirà anche gli aiuti per ripristinare il settore energetico ucraino.
Ieri è stato anche il giorno della visita del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, a Kiev per incontrare il suo omologo, il procuratore Andriy Kostin. Fra i temi del faccia a faccia , il punto sulla cooperazione giudiziaria bilaterale, in particolare nel settore estradizioni, e le attività di sostegno italiano, in stretta collaborazione con Eurojust e la Corte Penale Internazionale, nelle indagini sui crimini commessi dalla Federazione Russa nella guerra di aggressione all’Ucraina.