Giorgia Meloni sceglie la via della prudenza. Nelle comunicazioni alla Camera in vista del prossimo Consiglio europeo e del vertice Nato, la premier affronta le crisi che incendiano il Medio Oriente e lo fa con equilibrio, nel tentativo di non contraddire mai apertamente gli Stati Uniti di Donald Trump ma senza concedere un sostegno pieno e incondizionato all’uso della forza.

Una linea di equidistanza, mai esplicitata, che Meloni percorre con attenzione soprattutto sul dossier Iran, mentre è meno sfumata la sua posizione sugli attacchi israeliani su Gaza. E in tutto il suo intervento, a sottolinearne la cautela, la presidente del Consiglio non pronuncia mai né il nome di Trump né quello di Netanyahu, cosa che le viene poi rinfacciata in sede di dibattuto dalle opposizioni, tanto da affermare durante la replica di non aver alcun problema a «riferirsi direttamente ai leader israeliano e americano».

«Nessun aereo americano è partito da basi italiane. La nostra Nazione non ha preso parte agli attacchi», chiarisce subito Meloni, rivendicando la scelta di mettere al primo posto la tutela dei connazionali, con convogli organizzati per evacuare i cittadini italiani da Israele e da Teheran. La parola d’ordine è sganciarsi da ogni ipotetico coinvolgimento. La premier sa bene che qualsiasi implicazione operativa rischierebbe di trascinare l’Italia in uno scenario di escalation che il governo vuole accuratamente evitare. Non una condanna formale, ma neanche un appoggio entusiasta all’azione militare americana.

Meloni si muove sul filo, e se sull’Iran difende la linea della diplomazia («Siamo convinti che solo un’operazione diplomatica coordinata possa garantire la pace nella regione»), lancia anche un messaggio chiaro: «Consideriamo molto pericoloso che l’Iran si doti dell’arma nucleare». Nessuna apertura a Teheran, ma nemmeno nessun via libera incondizionato a Washington. Al contrario, la premier ribadisce la priorità del cessate il fuoco e la ripresa dei negoziati sul nucleare: «L'Iran deve cogliere l’opportunità di un accordo».

Non solo: replicando alle domande poste durante il dibattito, la presidente del Consiglio ha ulteriormente messo a fuoco la linea della prudenza in caso di escalation e di una possibile richiesta di utilizzo delle basi Usa nel nostro paese: «Io non penso che accadrà ma una decisione del genere dovrebbe avere un passaggio parlamentare, a differenza di quanto accaduto quando noi non eravamo al governo». Sulla questione Gaza, invece, Meloni si spinge oltre. Pur riconoscendo la «legittima reazione di Israele a un insensato attacco», non esita a definire «inaccettabili» le forme che la risposta israeliana sta assumendo sul terreno.

La condanna c’è, e la premier chiede con forza una cessazione delle ostilità: «Ribadiamo il nostro forte sostegno alla mediazione intrapresa da Stati Uniti, Egitto e Qatar. Il futuro della Striscia può iniziare solo con la liberazione degli ostaggi e il disarmo di Hamas». Di contro, la premier dichiara di non essere d'accordo con le iniziative dell'opposizione tese a sospendere gli accordi con lo Stato ebraico.

Ma da lì in avanti, il discorso di Meloni diventa soprattutto una chiamata alla responsabilità rivolta a Israele. È necessario, dice, un «processo politico che conduca alla soluzione dei due Stati», con «garanzie di sicurezza reali e credibili per Israele» ma anche con «una riformata Autorità Palestinese» che assuma «sempre maggiori responsabilità di governo, anche nella Striscia di Gaza».

Non manca nel suo discorso un passaggio sul rischio nucleare. «Comprendiamo molto bene i potenziali enormi rischi derivanti da un’ulteriore destabilizzazione di una regione già molto provata», avverte, rivendicando la centralità del dialogo con il Parlamento, anche con le opposizioni, su un tema che tocca direttamente la sicurezza nazionale.

«È importante il dialogo tra Governo e Parlamento per il bene e la sicurezza della nostra Nazione. Farò del mio meglio per mantenerlo e ampliarlo», promette la premier. Accanto alla prudenza diplomatica, Meloni rivendica con forza la scelta di investire nella Difesa. L’Italia ha raggiunto l’obiettivo del 2% del Pil destinato alla sicurezza, con l’impegno ad arrivare al 3,5% nei prossimi dieci anni. Una scelta che la premier lega direttamente all’autonomia strategica dell’Europa: «Nessuna nazione può essere indipendente se affida ad altri la propria sicurezza».

Non poteva mancare, infine, qualche scintilla coi deputati dell'opposizione: replicando, Meloni ha innalzato il tono del suo intervento, affermando di non voler «rispondere alle polemiche, ad alcune falsità, ad alcuni toni che ho sentito da campagna elettorale. Penso che percepiate come me la preoccupazione dei cittadini italiani e penso che non aiutiamo quella preoccupazione dando l'impressione che siamo più interessati ad accusarci tra di noi che a concentrarci sulle crisi in atto, e quindi preferisco rimandare i toni da campagna elettorale a tempi più sereni di questi».