“A testa alta”. Oggi “sono qui e sarò sempre qui quando ci sarà da combattere la mafia”, nella consapevolezza che “la battaglia si può vincere” e la garanzia che il governo italiano “è al fianco in tutto” alle forze dell'ordine e agli inquirenti. Si è chiuso un cerchio, per Giorgia Meloni, questa mattina a Palermo per il 31esimo anniversario della strage di via d'Amelio.

La prima volta - nella giornata delle celebrazioni - da presidente del Consiglio con lo stesso 'piglio' di quando, racconta, da 15enne decise di fare politica spinta dalla rabbia contro la mafia che uccise il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta. Indignazione trasformata, allora, in impegno civico e adesso nell'azione antimafia di un intero governo, così lo rivendica la premier, contro la criminalità organizzata. E alle "polemiche sterili" ("fanno bene solo a chi combattiamo") per la sua mancata presenza alla tradizionale fiaccolata organizzata dalla destra per motivi di ordine pubblico, che lei però smentisce, Meloni ribatte: "Chi è che mi dovrebbe contestare, esattamente? Se qualcuno vuol venire a contestare, sono i mafiosi e non ne dubito. Non sono mai scappata in tutta la mia vita e non lo faccio particolarmente quando si parla di mafia". "Ho preferito fare la cosa più istituzionale. Ho fatto quello che era giusto fare da presidente del Consiglio. Stasera - precisa la premier - c'è un'altra iniziativa a Civitavecchia che riguarda la Guardia Costiera alla quale avevo annunciato la mia presenza".

Meloni quindi replica alle polemiche sollevate dalle parole del ministro della Giustizia sul reato di concorso esterno, per sottolineare che lo stesso «Nordio ha detto subito che non era una cosa prevista nel programma di governo del centrodestra. E infatti non c’è e non c’è stato alcun provvedimento su questo. Le cose che si vogliono fare si fanno, del resto si può evitare di parlare». «C’è un tema sul quale le istituzioni non dovrebbero dividersi. Ci sono giorni nei quali non si dovrebbero fare polemiche sterili e inventate, che fanno bene solo a quelli che stiamo combattendo», puntualizza la premier. «Il fatto è che noi abbiamo salvato il carcere ostativo, che abbiamo difeso la legislazione antimafia, che negli ultimi otto mesi sono stati arrestati 1.300 mafiosi: questi sono i fatti, il resto sono opinioni che non diventano fatti. Quando le opinioni valgono più dei fatti, è perché si vuole fare polemica pretestuosa», ha rimarcato la presidente del Consiglio.

Intanto a Roma, presso la Chiesa delle Mantellate, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio ha partecipato alla Messa in memoria di Paolo Borsellino e dei cinque agenti di scorta, Agostino Catalano, Vincenzo Li Mulli, Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina, uccisi 31 anni fa. Insieme al Guardasigilli, i vertici del Ministero. La funzione in memoria delle vittime della mafia è stata celebrata da don Lucio Boldrini, cappellano del carcere di Roma Rebibbia.

A conclusione della cerimonia, don Boldrini ha invitato il ministro a prendere la parola. In un brevissimo intervento Nordio, citando San Paolo, ha definito la figura di Paolo Borsellino “un gigantesco monumento di virtù, coraggio e fede”. L’omaggio del Guardasigilli al giudice “simbolo”, insieme a Giovanni Falcone, delle vittime della criminalità organizzata, è anche l’omaggio alla memoria degli agenti della scorta. E il tributo del Ministro si estende, con commozione, all’intero “esercito silenzioso” di vittime della violenza mafiosa e terroristica, servitori dello Stato che hanno pagato con la vita l’impegno a difesa dei valori delle istituzioni della Repubblica.