Appena sale sul palco per chiudere la nuova edizione di Atreju, Giorgia Meloni ringrazia i suoi alleati, Matteo Salvini e Antonio Tajani, per la lealtà dimostrata in questi primi 14 mesi di governo. E sfrutta il momento di unità per mandare anche il suo «ringraziamento a Silvio Berlusconi», il creatore del centrodestra italiano.

È una Giorgia Meloni raggiante quella che chiude la kermesse del suo partito e fa il bilancio del primo anno di governo. «Sono felice perché c'è solo una cosa di cui ho bisogno di più di dormire: tornare a casa in modo che voi possiate ricordarmi che io non sono sola», dice la premier, prima di citare il Signore degli Anelli. «Tolkien aveva ragione: quell'anello è insidioso, ti lusinga. Salvo che c'è una cosa sola che è più forte di quell'anello: si chiama compagnia. Persone per bene. Allora so che quell'anello non ci avrà mai. Noi siamo oggi le stesse persone che eravamo ieri. E porteremo quel compito a termine, costi quel costi, ciascuno nel suo ruolo come un solo uomo».

Immancabili poi le frecciatine alla leader del Pd, Elly Schlein, che ha declinato l’invito a partecipare alla festa di Fratelli d’Italia. «Ho letto che Elly Schlein ha dichiarato che “in altri palchi vedo persone che sono li' solo per accreditarsi con chi comanda”. Potrei fare l'elenco delle persone che hanno sfilato su questo palco in 25 anni», scandisce Meloni. Si potrebbe dire «che non ci sono i comunisti di una volta» ma «quello che le voglio dire è che puoi anche decidere di non partecipare ma non per questo devi insultare chi ha accettato questo invito perché hanno avuto un coraggio che a voi difetta». Del resto, sottolinea la presidente di Fd’I, le tante polemiche dimostrano che Atreju «è un appuntamento unico nel suo genere, il luogo per eccellenza nel quale le idee sono protagoniste, si incontrano, si scontrano, a volte possono mescolarsi grazie a un'alchimia che riesce a chi è puro di cuore e veloce di testa».

Meloni vuole togliersi qualche sassolino dalla scarpa approfittando del pubblico amico e non si fa pregare per farlo.

«Chi pensava fossimo un fuoco di paglia ignora che non siamo qui per fortuna o perché abbiamo imboccato il treno giusto. Noi non siamo gli improvvisati della politica, per decenni abbiamo studiato e elaborato un progetto, ci siamo aperti al confronto e quando è stato necessario abbiamo avuto il coraggio di dire la verità, quello che non avevano altri, perché vedete la verità spesso ha un prezzo ma noi non abbiamo mai rinunciato alla verità», scandisce la premier, convinta di avere ancora il vento in poppa del consenso, a più da un anno dalle elezioni, perché «credo che sia maggioritaria l'Italia che non accetta di svendersi, di adeguarsi, di chinare il capo, e noi abbiamo il dovere morale di ridare a questi italiani l'orgoglio di voler rivendicare qui e fuori dai confini nazionali “io sono italiano”».

Rivendica a voce alta ogni singolo provvedimento del suo governo, Giogia Meloni: dalla cancellazione del reddito di cittadinanza («lo rifarei mille volte») agli interventi sul superbonus, fino al primissimo atto dell’esecutivo: il decreto Rave. «Questa non si chiama austerità ma serietà rispetto agli italiani», dice. Poi è la volta dei cavalli di battaglia tradizionali: dal no alla maternità surrogata, al no al salario minimo.

C’è spazio persino per una polemica con Chiara Ferragni, che non viene però mai nominata durante l’intervento. «Il modello da seguire non sono gli influencer» che sui social promuovono «carissimi panettoni il cui ricavato servirà solo ad arricchire cachet», dice Meloni. «Il modello da seguire è l'eccellenza italiana, dire ai giovani che creare quei prodotti è più straordinario che limitarsi a mostrarli».

Subito dopo tocca allo scrittore Roberto Saviano finire nel mirino della presidente del Consiglio. «Caivano è un territorio che era stato abbandonato dallo Stato. Voglio ringraziare di cuore le forze dell'ordine che presidiano quel territorio, uomini e donne talvolta figli e figlie di quei territori che hanno scelto la libertà e la legge che difende quella libertà», argomenta Meloni. «Storie da raccontare che nessuno scrittore racconta, forse perché i camorristi fanno vendere molto di più, ci si fanno le serie televisive, regalano celebrità, ricchezza e magari un pulpito da New York da cui dare lezioni di legalità agli italiani, sempre si intende a pagamento».

C’è spazio anche per la politica internazionale sull’Ucraina («l’Italia rispetta la parola data») e sul conflitto in Palestina («Chiediamo a Israele di difendersi in linea con il diritto internazionale, preservando la popolazione civile»).

E sulle riforme costituzionali, come il premierato: «Si scateneranno tutti quelli che hanno bivaccato sulla debolezza politica. Sognano di usare il referendum confermativo contro di me, “farà come Renzi”, ma vedete il referendum non è su di me, io sono il presente il referendum è sul futuro di questo nazione».

Infine Meloni dice, mettendo le mani avanti: «Si conclude un anno durissimo, se ne sta per aprire un altro con sfide talmente imponenti che solo una comunità politica capace di enormi slanci può affrontare. Verremo contrastati con ogni mezzo, anche quelli non proprio legittimi, ma in fondo è un bene, gli avversari sono sempre un bene perché ti spingono a fare meglio».