Al netto della riluttanza della Spagna, la dichiarazione finale del vertice Nato de L’Aia ha confermato l'impegno senza precedenti ad aumentare le spese militari fino al 5% del Pil. Un traguardo che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe rafforzare la deterrenza dell’Alleanza in uno scenario globale sempre più instabile, ma che apre interrogativi pesanti sul fronte della sostenibilità economica, in particolare per i Paesi del Sud Europa.

Giorgia Meloni, dal canto suo, ha cercato di trasformare quella che per molti è una zavorra in un’opportunità. «Non si tratta solo di costi, ma di ritorni», ha detto la premier italiana, rivendicando una visione “espansiva” della spesa per la difesa e assicurando che «non verrà tolto un euro alle priorità dei cittadini».

Meloni ha spiegato come l’Italia sia riuscita a negoziare una «spalmatura decennale» dell’obiettivo, distinguendo tra il 3,5% per la difesa convenzionale e l’1,5% per la sicurezza, senza vincoli annuali e con possibilità di revisione al 2029. «È un circolo virtuoso se lo sappiamo usare bene», ha assicurato, puntando anche sulle ricadute per le imprese italiane del comparto industriale e tecnologico. Nessun ricorso alle clausole di salvaguardia nel 2026, ha detto, perché «il governo ha fatto i suoi calcoli».

Quanto alla posizione contraria della Spagna, che ha fatto discutere e suscitato una dura reazione da parte del presidente americano Donald Trump, per la presidente del Consiglio ha smorzato le polemiche: «L'Italia», ha detto, «ha fatto come la Spagna. O la Spagna ha fatto come l'Italia, scegliete voi. Abbiamo firmato lo stesso documento. Non ho visto interventi particolarmente polemici sull'intesa questa mattina».

Ma il vertice dell’Aia non è stato solo numeri e bilanci. A margine del summit si è svolto un incontro altrettanto significativo, quello tra i cosiddetti “volenterosi” – Francia, Germania, Polonia e Regno Unito – con il segretario generale della NATO, Mark Rutte, e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Un formato ristretto, ma politicamente pesante, quello dell’E5, che ha ribadito il sostegno a Kiev e rilanciato la pressione sulla Russia attraverso nuove sanzioni. «È necessario che Mosca dimostri di volersi impegnare seriamente nei colloqui», si legge nella nota di Palazzo Chigi. Ma la sensazione – neanche troppo velata – è che nessuno, al momento, si aspetti davvero una svolta diplomatica da parte del Cremlino.

Il dato rilevante, però, è stato che all’incontro era presente anche la nostra premier, dopo le polemiche delle scorse settimane. Il messaggio a Zelensky, in ogni caso, è chiaro: l’Europa c’è, anche se con tempi e modalità diverse rispetto agli Stati Uniti. «Sosteniamo l’azione americana per un cessate il fuoco che apra la strada a una pace giusta e duratura», ha dichiarato Meloni. E l’Italia, ha aggiunto, continuerà a fare la sua parte, anche in termini di supporto all’industria militare ucraina. «È necessario», si legge nella nota diffusa nel tardo pomeriggio da Palazzo Chigi, « che la Russia dimostri di volersi impegnare seriamente nei colloqui, contrariamente a quanto fatto finora. I eeader hanno quindi ribadito il continuo sostegno all’Ucraina, alla sua autodifesa e alla sua industria della difesa, anche a fronte dei brutali attacchi russi contro i civili, e il mantenimento della pressione sulla Russia attraverso nuove sanzioni».

La premier ha approfittato dell’appuntamento olandese anche per riportare l’attenzione sul fronte Sud dell’Alleanza. «Ho spiegato ai colleghi le minacce crescenti che arrivano dal Mediterraneo, dove la Russia si sta proiettando sempre di più dopo aver perso terreno in Siria», ha affermato, sottolineando la presenza di «molti attori ostili» nell’area.

Un passaggio tutt’altro che marginale, che mira a tenere vivo il dossier sulla sicurezza del fianco meridionale, spesso considerato secondario nei consessi euro-atlantici. Meloni ha dunque tentato di contemperare la sua immagine internazionale di garante della linea atlantica e partner affidabile di Washington con l'appartenenza europea.

Sul fronte interno, ha cercato di disinnescare sul nascere le polemiche, presentando l’aumento delle spese militari non come una cessione di sovranità o una rinuncia alle politiche sociali, ma come una leva di crescita. Una scommessa che dovrà ora reggere all’impatto della manovra autunnale. Intanto, il fronte diplomatico resta in ebollizione. «Il nostro obiettivo è un accordo», ha dichiarato la premier a proposito dei colloqui tra Israele e Iran per un cessate il fuoco, auspicando «la stessa determinazione anche per l’Ucraina e Gaza».