Se dal Viminale l’ossessione erano i migranti, dal ministero dei Trasporti il nuovo assillo di Matteo Salvini si chiama Ponte sullo Stretto di Messina. Come in tanti prima di lui, il leader del Carroccio sogna di legare il suo nome alla realizzazione della mega opera e prova a velocizzare le “pratiche” per evitare di finire impantanato come tutti i suoi predecessori. Per ora ha solo tolto il limite di 240 mila euro ai dirigenti pubblici che si occuperanno del progetto, da qualche parte bisognerà pur cominciare, ma non c’è intervento pubblico, intervista o sagra di Paese in cui Matteo Salvini non parli del suo grande sogno nel cassetto che cambierà le sorti di Sicilia e Calabria. Proprio lui, l’uomo venuto Nord e capo di un partito con radici ben piantate nell’operoso Settentrione, desidera passare alla storia come il “pontefice” che rilanciò le economie meridionali.

Pazienza se per ora non si è andati molto oltre la cortina delle chiacchiere, per il ministro Salvini il ponte si farà in tempi ragionevoli in barba a gufi e “sabotatori” professionali. E in attesa dell’ennesima posa della prima pietra - da qualche parte ci sarà ancora quella simbolicamente depositata da Silvio Berlusconi nel 2004 - il ministro e vicepremier sciorina numeri e slogan. «Porterà 100mila posti di lavoro», promette il leader della Lega, calcando il solco del padre nobile del centrodestra. E ancora: «È un diritto alla mobilità e continuità territoriale per milioni di siciliani che devono andare a farsi curare, devono studiare, andare a lavorare senza aspettare ore i traghetti», dice Salvini, scordando però di specificare che i siciliani, come i calabresi omessi dal ragionamento, avrebbero diritto a farsi curare, a studiare e a lavorare in Sicilia prima di tutto. Niente di grave, sarà stata una semplice dimenticanza o un messaggio riuscito male.

Un po’ come quei 2,5 miliardi di euro del Pnrr destinati alla realizzazione di infrastruttu-re nel CentroSud che il Mit ha deciso di dirottare verso Nord per scongiurare il rischio di perdere i fondi. Ragione ufficiale della rimodulazione del Piano: «Lo stato progettuale non consente di bandire le gare entro il 2023». Meglio spostare i liquidi verso opere “più mature” situate in Piemonte, Lombardia e Veneto. La scelta, ovviamente, non è sfuggita alle opposizioni, che hanno colto la palla al balzo per imputare a Salvini il vecchio vizio leghista di dirottare risorse verso aree geografiche ben definite.

Un’accusa inaccettabile per il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti - già impegnato a convincere i meridionali della bontà dell’Autonomia differenziata targata Calderoli - improvvisamente diventato paladino della causa sudista. Così, alle polemiche di Pd e M5S, l’ex capitano risponde sciorinando cifre e numeri direttamente forniti dal suo ministero: ben 75 miliardi di euro in infrastrutture destinati alla Sicilia e alla Calabria anche in vista della realizzazione del Ponte. «In Sicilia sono progettati investimenti per circa 15 miliardi di euro con particolare attenzione alle strade statali di collegamento, alle tangenziali di Palermo, Agrigento e Catania e ai lavori dell’autostrada Siracusa - Gela», fanno sapere dal Mit. «In Calabria è previsto un piano di investimenti complessivo pari a 12,8 miliardi per strade e autostrade, 3 dei quali già stanziati con decreto per la SS106 Jonica, su cui l’investimento complessivo è di circa 9 miliardi». E ancora: 13 miliardi «programmati» per la rete ferroviaria siciliana e 34,8 miliardi per quella calabrese. Sempre che alcuni di questi “programmi” non subiscano qualche nuova “rimodulazione”.

Salvini non si cura dei soliti “criticoni” e prosegue dritto per la sua strada: il Ponte è la sua missione e lo costruirà. Se non tutto, almeno una prima pietra.