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Renato Brunetta dice di aver saputo che, una volta visti gli ultimi sondaggi negativi, Matteo Renzi si dimetterà nell'imminenza dell'apertura delle urne referendarie «per sparigliare le carte». Non è quello che illustra il presidente del Consiglio nei suoi incontri riservati. Al contrario, nei conversari a quattr'occhi con esponenti di primo piano del suo partito, il premier delinea tutt'altro scenario: «Negli ultimi quattro-cinque giorni - assicura entusiasta Renzi - il Sì ha riguadagnato 3,5 punti percentuali. Vuol dire che la campagna elettorale che stiamo impostando va nella giusta direzione. A questo punto il peggio è passato e le possibilità di vittoria sono concrete».Dunque un messaggio che non è solo ottimismo: c'è dentro il frutto delle rilevazioni più recenti che segnano, se confermate, una inversione di tendenza nell'elettorato.Forse è anche quel che Renzi ha illustrato al capo dello Stato nel colloquio di di mercoledì pomeriggio al Quirinale. Forse - e di rimbalzo alle opportune sollecitazioni di Mattarella - quel recupero così netto non è estraneo alla ritrovata sobrietà di toni del capo del governo. Che infatti, mettendo nel dimenticatoio gli anatemi contro le «accozzaglie», avverte che un Paese maturo «va al voto senza inseguire le polemiche». L'invito ad abbassare i toni e la riproposizione della strategia del sorriso contro gli attacchi degli avversari e persino nei riguardi degli insulti di Grillo, è possibile siano il risultato della convinzione di Renzi di aver "scollinato" e di ritrovarsi davanti perciò un percorso se non proprio in discesa, quasi.Non che i sondaggi favorevoli gli facciano, tuttavia, abbassare la guardia: tutt'altro. Nelle parole del presidente del Consiglio, infatti, si ritrovano accenti espliciti riguardanti lo scenario del dopo urne: «Se si ferma il Paese chi ne fa le spese non sono i mercati finanziari, quelli sanno benissimo come salvarsi la pelle.... ». Se si blocca il Paese, naturalmente a causa la vittoria dei No, chi ne paga le spese «è il ceto medio, la gente che vuole arrivare alla fine del mese», ha spiegato a Cassino nel corso dell'assemblea di Anfia.Il segnale è esplicito: se fossero prevalsi i «profeti del No» non ci sarebbe stata la ripresa degli ultimi anni. «Se i profeti del "dico no a tutto - taglia corto Renzi - avessero avuto la meglio, quelli del no perchè chissà che c'è sotto", i profeti del "blocchiamo e poi ripartiamo", oggi non ci sarebbero 4300 lavoratori a Cassino. Se avessero avuto la meglio quelli 'dell'intanto blocchiamo e poi vedremo', non ci sarebbe più industria automobilistica in Italia». Questo se avessero prevalso i no prima del 4 dicembre: figuriamoci se dovessero avere la meglio dopo. Ma così non sarà: ora Renzi ne è più convinto: «Bisogna avere fame del futuro e non fare come quei politici che si affidano ad una consolante e discutibile ricostruzione del passato».