Nessuno si salva da solo. Si può riassumere così il pensiero del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita di Stato in Polonia, sulle migrazioni e la conseguente integrazione dei migranti nei paesi di approdo, tra cui l’Italia. Secondo Mattarella la questione dell’immigrazione va affrontata «dall’Unione europea come problema dell’Unione, nessuno Stato da solo può affrontare un problema così epocale, ma l’Unione può farlo con un’azione coordinata e bene organizzata».

Un concetto espresso al termine dell’incontro a Varsavia con l’omologo polacco, Andrezej Duda, il cui paese negli ultimi mesi ha accolto milioni di ucraini in fuga dalla guerra di Putin. Si tratta di una questione, ha ricordato infatti il nostro capo dello Stato, che la «Polonia conosce bene, non soltanto per la grande ospitalità che ha generosamente offerto a milioni di profughi ucraini - è questo è oggetto di ammirazione da parte dell’Italia - ma anche per quello che è avvenuto ai confini con la Bielorussia».

In Italia, ha detto Mattarella, si registra «la grande affluenza, in crescita, dai Paesi africani e non soltanto da quelli africani ma anche da quelli asiatici» e per questo serve «una nuova politica di migrazione e di asilo dentro l’Unione, superando vecchie regole che sono ormai della preistoria». Il riferimento è al Trattato di Dublino, che risale al 2003 e obbliga i richiedenti asilo a chiedere ospitalità nel paese di primo approdo e non in quello dove spesso vorrebbero vivere. Mattarella ha poi richiamato alla geopolitica spiegando che «tutto questo richiama anche al rapporto che vi è con il Continente africano», dove «si stanno esercitando pressioni e iniziative destabilizzanti». Per questo, ha concluso, «quanto avviene in queste ore in Sudan è allarmante», come «richiama a grande allarme la Nato e l’Unione europea l’azione della Wagner in tanti Paesi africani» e «questo richiede un'azione dell’Unione europea attiva, protagonista, da soggetto che si impegni fortemente su questi fronti».

Un discorso che si inserisce nel dibattito di questi giorni sull’immigrazione, con il commissario straordinario per lo stato d’emergenza, il prefetto Valerio Valenti, che arriverà oggi a Lampedusa dove l’hotspot è al collasso ma dove continuano a sbarcare migranti in arrivo dall’Africa salvati o dalla nostra Guardia Costiera o dalle navi delle Ong.

Dopo il rifiuto di quattro regioni a guida Pd (Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e Campania) di firmare l’ordinanza che ha istituito la figura del commissario, le regioni sopra citate si preparano a gestire da sole l’arrivo e l’integrazione dei migranti, mentre alcuni sindaci di centrosinistra, dal milanese Sala al torinese Lorusso, dal bolognese Lepore al romano Gualtieri, fino ad arrivare al napoletano Manfredi, hanno scritto una lettera alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, per chiedere di stoppare la norma che prevede l’abolizione della protezione speciale per i migranti. E mentre il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, spiegava che sulla norma «va trovato un punto d’equilibrio», a fomentare lo scontro è il ministro delle Infrastrutture e leader della Lega, Matteo Salvini, che difende il provvedimento. «Dal 2020 ad oggi, meno del 6 per cento dei permessi speciali rilasciati si sono trasformati in lavoro - ha spiegato il vicepresidente del Consiglio - regalando oltre 40mila persone all’illegalità e alle mangiatoie».

Intanto in commissione Affari costituzionali, dove la maggioranza ha presentato i propri emendamenti al decreto Cutro, le opposizioni hanno fatto ostruzione, ribadendo il loro no alle norme proposte dal governo. Il decreto dunque arriverà in Aula senza mandato al relatore, per cui la maggioranza dovrà ripresentare gli emendamenti.