Se si dovesse fare una classifica della rilevanza e della incisività dei discorsi di Sergio Mattarella da quando è presidente della Repubblica, probabilmente nella top five ci sarebbero quasi interamente interventi e dichiarazioni fatte nell'ultimo anno. Un sorta di progressione, in cui ai richiami istituzionali di alto profilo si sono man mano affiancati riferimenti sempre più puntuali ai temi di attualità, sia sul piano nazionale che su quello internazionale, con toni che parallelamente sono divenuti più “caldi”, senza però trascendere in alcun caso la misura consona a un Capo di Stato.

Ma un certo attivismo è incontestabile, ed è ulteriormente testimoniato dalla missione europea avviata oggi e che si concluderà domani, culminando con l'incontro a Bruxelles con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Una due giorni in cui il presidente della Repubblica ha incontrato il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa e domani, prima di von der Leyen, parteciperà alla riunione del collegio dei commissari, per poi incontrare anche la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola e gli europarlamentari italiani.

D'altra parte, le parole più dirette il presidente, in questi ultimi giorni, le ha riservate alle questioni di politica internazionale, a partire da quanto detto in Portogallo citando il celeberrimo “Nessun dorma” pucciniano per spronare l'Europa a darsi una svegliata nel processo di integrazione, con un riferimento preciso alla politica di difesa comune.

Difficile pensare che domani, nella capitale belga, nel faccia a faccia tra Mattarella e la numero uno dell'Ue, il Libro Bianco presentato da quest'ultima a Strasburgo sul potenziamento della difesa comune non venga citato, così come è difficile pensare che l'occasione non offra lo spunto al presidente di intensificare la moral suasion presso il nostro governo per una politica meno tiepida verso la Commissione su questo e altri fronti, come ad esempio la ratifica del Mes.

Ed è proprio tale slancio che ha portato paradossalmente una delle personalità più miti e rispettate del mondo, ad essere il bersaglio occidentale preferito delle invettive russe. Il Cremlino, come è noto, non gli ha perdonato le critiche all'aggressività imperialistica russa e all'abitudine macabra di minacciare l'uso di armi nucleari, e attraverso la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha usato toni violenti, parlando di «menzogne» e di «parole che avranno conseguenze». Una reazione veemente, che ha avuto l'effetto di compattare attorno al Quirinale tutta la classe politica italiana e le istituzioni comunitarie.

Da qualche tempo, però, il presidente ha cominciato ad andare più in profondità anche sulle questioni di casa, come sanità, autonomia, tempi della giustizia e di attuazione del Pnrr. A Venezia, dove si è recato per presenziare al festival delle Regioni, Mattarella ha insistito sul tema dell'efficienza del Sistema sanitario nazionale per la seconda volta in pochi giorni, e lo ha fatto invocando una «strategia unitaria», una «collaborazione istituzionale tra Stato e Regioni per superare intollerabili divari e garantire una copertura universalistica e un accesso uniforme, obiettivo irrinunciabile per la sanità».

Il tutto, una manciata di giorni dopo l'intervento della premier Giorgia Meloni, al question time in Senato, nel corso del quale aveva sollevato numerose polemiche da parte dell'opposizione (e non solo) per aver addossato alla Regioni la responsabilità del malfunzionamento della sanità e delle lunghe liste d'attesa, innescando così un conflitto istituzionale. E anche sull'autonomia differenziata, che si appresta a tornare all'ordine del giorno data la necessità di una nuova legiferazione dopo i rilievi della Consulta, Mattarella non ha mancato di dire la sua in modo chiaro: «L’autonomia», ha affermato, «va esercitata nel rispetto dei limiti posti dalla Costituzione e al riparo dallo sconfinamento altrui», aggiungendo che «c’è la necessità di coltivare un rapporto tra i diversi livelli di governo per gestire le intersezioni tra competenze, una gestione che vede molteplici forme di intreccio tra Regioni e Stato e riveste un’importanza fondamentale per il buon esercizio dei rispettivi compiti nell’interesse dei cittadini».

Un Mattarella meno prosaico, dunque, più aderente alla contingenza politica, ma non (o non ancora) interventista come il suo autorevole predecessore Giorgio Napolitano, che aveva interpretato il proprio ruolo in maniera estensiva, spinto anche dalle circostanze, con la crisi economica e la speculazione che mordeva il nostro paese e la necessità di trovare una soluzione al di fuori della politica. Da questo punto di vista, il quadro in cui opera Mattarella è sostanzialmente differente, con un governo con una guida e un sostegno parlamentare decisamente politici, ma non per questo meno soggetti ai richiami dell'inquilino del Colle.