Consip avrebbe «scaricato» tutte le colpe dei propri malfunzionamenti «sulla Romeo Gestioni Spa», estromettendola dal mercato e condannandola alla chiusura, senza attendere nessun accertamento giudiziario. È con queste parole che il senatore dem Salvatore Margiotta ha chiesto conto ai ministri dell'Economia e del Lavoro circa le azioni previste per restituire «credibilità» alla Consip e per impedire l'estromissione dal mercato della Romeo Gestioni «in assenza di fatti concretamente accertati giudizialmente». Un’esclusione che comporterebbe la perdita del posto di lavoro per 3mila dipendenti e 20mila addetti dell'indotto lavorativo, con «ricadute per la finanza pubblica», per le quali il governo, avvisa, dovrebbe correre ai ripari.

L’interrogazione fa riferimento alle due note con le quali la Consip ha escluso la Romeo Gestioni da quattro lotti della gara ' Consip Fm4' e da ulteriori sei gare, rivendicando l’escussione delle cauzioni provvisorie per circa 13 milioni di euro. La vicenda si inserisce nell’inchiesta che vede Alfredo Romeo, socio di minoranza della Romeo, accusato di corruzione «per avere consegnato oltre 100 mila euro all’ex dirigente della società per azioni del ministero dell’Economia». Mazzetta che «non c’è mai stata», sostiene l’imprenditore napoletano. La Romeo Gestioni, nei mesi scorsi, si è rivolta al Tar del Lazio prima e al Consiglio di Stato poi, che non si sono però pronunciate sul merito delle motivazioni alla base delle esclusioni, rimettendo la decisione alla discrezionalità della Consip. Pronunce contestate dalla Romeo Gestioni e oggi all’esame del Consiglio di Stato in sede revocatoria e delle Sezioni Unite della Cassazione.

Ma non solo: la società ha anche avanzato una richiesta danni da un miliardo e mezzo nei confronti della centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana, il suo ex amministratore delegato Luigi Marroni e l’attuale ad, Cristiano Cannarsa, «a parziale risarcimento dei danni industriali, di quelli di immagine e di quelli commerciali futuri». L’atto di citazione contestava «l'arbitrario esercizio» da parte di Consip «del proprio potere di valutazione discrezionale», «l'illegittimità dei provvedimenti» nei confronti della Romeo gestioni «perché non risulta accertata l'ascrivibilità alla stessa dei presunti comportamenti censurati» e in quanto la stessa «è stata dichiarata pienamente affidabile e idonea a contrarre con la pubblica amministrazione» dal tribunale di Roma.

«Un comportamento discriminatorio» ancora più anomalo a fronte dell’atteggiamento interlocutorio dimostrato da Consip - afferma Margiotta - per rinviare l'adozione di provvedimenti punitivi nei confronti delle imprese concorrenti della Romeo Gestioni, «pur in presenza di già accertati comportamenti censurati sul piano penale o di turbativa concorrenziale».

«Al di là delle pur rilevantissime criticità che riguardano i confusi ruoli delle diverse giurisdizioni ed autorità giudiziarie che sono state, e possono ancora essere, coinvolte in una vicenda di questo genere( giudice penale, amministrativo, civile, Corte dei conti, Corte di giustizia europea eccetera) - afferma Stefano Cianci, legale della Romeo gestioni nella causa civile contro Consip - per non parlare dell’autorità Anticorruzione e dell’autorità Antitrust, in un groviglio di competenze e di interpretazioni, degni del peggiore “jus commune”, quello che colpisce è la possibilità, nel nostro attuale ordinamento, che normative recepite supinamente da altre esperienze giuridiche ( come quelle sulla cosiddetta 231/ 2001, e sulla istituzione di Authority di diversa natura) finiscano per confondere il capitale sociale con le società di capitale, attraverso un processo di criminalizzazione di queste ultime, per fatti – privi di ogni accertamento giudiziale – estranei alla effettiva gestione e storia imprenditoriale delle stesse società». Un fenomeno gravissimo e sempre più diffuso in Italia, aggiunge il legale, «che in mancanza di qualsiasi tutela giurisdizionale per le società, che vanno intese come un sistema vivente di mezzi e di persone che operano e devono operare in assoluta autonomia e come soggetto diverso rispetto a quelli che ne detengono il capitale sociale, sta incidendo disastrosamente sullo sviluppo produttivo del nostro paese e sulle sorti di dette società, soggette a rovinose iniziative discrezionali dell’apparato burocratico- giudiziario ( il vero potere in Italia) come multe e cauzioni milionarie, interdittive, sequestri eccetera, fino a procurarne l’espulsione dal mercato».