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Luigi Marattin, esponente di Italia viva
Luigi Marattin, che a giugno terrà a battesimo il primo Congresso del Partito Liberaldemocratico, sul rinvio del ddl errori giudiziari confessa di non capire «perché difendere, anche solo simbolicamente, chi ha passato l'inferno avendo subito un errore deve “irritare” qualcuno, tanto più un corpo dello Stato».
Onorevole Marattin, il ddl errori giudiziari ha subito uno stop in Parlamento, per volere della maggioranza: come si è arrivato a ciò?
La versione più accreditata è che la maggioranza non vuole acquisire il clima di contrapposizione con la magistratura, trovandoci alla vigilia (o presunta tale) della modifica costituzionale sulla separazione delle carriere. Ma il ddl di cui si parla si limita a istituire una giornata per ricordare le vittime degli errori giudiziari. Si figuri, io sono anche contrario a riempire il calendario di “giornate del”, le considero del tutto inutili. Ma qui il discorso è simbolico: non capisco perché difendere, anche solo simbolicamente, chi ha passato l'inferno avendo subito un errore deve “irritare” qualcuno, tanto più un corpo dello Stato.
Lo stop si inserisce all'interno di un elenco più lungo di mancate tutele per chi entra nel sistema giustizia e ne esce poi con le ossa rotte e di mancate responsabilità per chi in quel sistema ha sbagliato: pensa si deve fare di più?
Qualche passo avanti lo si è fatto negli anni scorsi, per merito del collega Enrico Costa che ha fatto approvare leggi come quelle che stanziano un po' di soldi per pagare le spese legali a chi viene riconosciuto innocente. E ha ragione quando dice che chi esce innocente da un procedimento giudiziario deve essere la stessa persona – nella dignità e nel portafoglio – che ci è entrata. Quello che non capisco è come faccia a portare avanti queste sacrosante battaglie presentandosi agli italiani assieme ai peggiori giustizialisti di Lega e FdI. Stessa cosa penso per i garantisti del centrosinistra, sia chiaro.
In che modo potrebbero e dovrebbero essere tutelati i presunti innocenti che finiscono in carcere e poi si dimostrano tali, magari dopo anni di processi?
L'elenco delle anomalie è noto: abuso della carcerazione preventiva, lunghezza eccessiva dei processi, cortocircuito mediatico che amplifica le indagini e sminuisce le assoluzioni, mancati risarcimenti a coloro che sono riconosciuti innocenti.
Pensa che in Italia manchi, a destra ea sinistra, quella cultura garantista necessaria affinché provvedimenti del genere vedano la luce?
In Italia ci sono politici garantisti, a partire da Enrico Costa, ma il punto è che, quando si tratta di imbastire una proposta politica, insistono a volersi mischiare con i manettari. Sia a destra che a sinistra il garantismo è ininfluente, perché si annacqua all'interno di due schieramenti (io le chiamo le “curve ultrà”) a salda guida populista e giustizialista. Ecco perché abbiamo fatto nascere il Partito Liberaldemocratico, che a fine giugno terrà il suo primo congresso nazionale. Perché abbiamo capito che i populismi ei giustizialismi non si moderano: si combattono. Chi crede in una società liberale, e oggi sono sparsi in entrambe le curve ultrà, tra due anni deve presentarsi alle elezioni all'interno di una unica proposta politica, autonoma dai populismi di destra e di sinistra.
Come giudica l'operato del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che sta portando avanti la separazione delle carriere ma anche aumentando i reati e rimanendo piuttosto inerme sulla questione carceri?
Si vede a vista d'occhio che vorrebbe fare di più e meglio, ma è frenato da quello che dicevo prima: la golden share dello schieramento di centrodestra ( così come quello di centrosinistra) non vuole una vera riforma della giustizia. Come su tutto il resto, hanno creato un finto derby tra “chi difende i magistrati” e “chi difende i delinquenti”. Noi del Partito Liberaldemocratico invece crediamo che difendere la sacralità del ruolo della magistratura e del perseguimento della giustizia non sia affatto in contraddizione con il valutare i magistrati, separare le carriere, garantire i diritti della persona evitando i processi mediatici e tutelare appieno gli innocenti. Insomma, per noi vale la definizione di Luigi Ferrajoli: «L'essenza del garantismo è assolvere in mancanza di prove quando l'opinione comune vorrebbe la condanna, e condannare in presenza di prove quando l'opinione comune vorrebbe l'assoluzione».