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La Costituzione è la Costituzione e si sa che anche solo a parlarne conviene assumere l'opportuno atteggiamento di sussiego. Modificarla richiede anni, passaggi parlamentari a manetta, appelli finali al popolo. Le leggi elettorali no. Quelle, in teoria, non hanno la medesima valenza. Per modificarle bastano le procedure normali e una striminzita maggioranza è più che sufficiente. Però in Italia sono state le modifiche dei sistemi elettorali a determinare i veri terremoti, incluso l'inabissarsi della prima Repubblica. Del resto tra la Carta e la legge elettorale dovrebbe esserci, come in effetti c'era nella prima Repubblica ma non nella seconda, una rigorosa omogeneità.L'importanza politica del prossimo referendum è fuori discussione. Però sul modello dell'Italia a venire peserà, più della disputa montata ad arte sul bicameralismo perfetto, l'esito del braccio di ferro sulla legge elettorale. La proposta proporzionalista dell'M5S ha il merito di chiarire i termini profondi della questione. In ballo c'è una scelta che la politica italiana rimanda da 23 anni, ristagnando pertanto in un guado interminabile: quella tra il portare alle estreme ma logiche conseguenze l'opzione maggioritaria oppure correggere e modificare, però senza rinnegarla, quella proporzionale.Il modello messo in campo dal Movimento di Grillo non è quello della prima Repubblica e bisogna sottolinearlo. L'M5S parla infatti di "collegi medio-piccoli" mentre nella prima Repubblica le circoscrizioni erano vastissime. La soglia di sbarramento di fatto è inversamente proporzionale alle dimensioni delle circoscrizioni. Grillo mira quindi a una soglia di sbarramento tra il 5 e addirittura l'8%. L'effetto di rarefazione sulla miriade di partiti e partitini oggi in campo sarebbe quindi immenso. Proprio per questo motivo si può essere certi che proprio le aree tradizionalmente più proporzionaliste, la sinistra radicale e i centristi, saranno fieramente contrarie al modello suggerito dai pentastellati: né l'una né gli altri ritengono oggi di poter superare neppure la soglia del 5%, figurarsi poi se dovesse rivelarsi più alta.Resta il fatto che, senza premio di maggioranza e con le preferenze, sempre di un sistema davvero proporzionale si tratterebbe, di un sistema cioè che comprende a priori la possibilità e anzi la probabilità di dover stringere alleanze dopo le elezioni e che rende molto difficile un esito tale da consentire al vincitore di "prendere tutto". L'Italicum di Renzi va nella direzione opposta: rifiuta le alleanze sia prima che dopo il voto, a costo di assegnare un premio di maggioranza molto ampio a un partito con percentuale bassa al primo turno e permette al vincitore di "prendere tutto". Non sono leggi elettorali diverse ma logiche antagoniste.Le due leggi elettorali con cui si è votato nella seconda Repubblica cercavano appunto di conciliare queste logiche conflittuali. Il mattarellum, col 75% dei seggi attribuiti con un maggioritario uninominale a turno unico, costringeva a formare coalizioni prima del voto ma la quota proporzionale con la quale si eleggeva il restante 25%, e a maggior ragione il diabolico meccanismo di computo detto "scorporo", tiravano in direzione opposta esaltando l'identità (e gli egoismi) delle singole forze politiche. Il sistema, pur animato da concezioni contraddittorie, avrebbe anche potuto funzionare, ma solo con l'elezione diretta del premier o di un presidente della Repubblica che fosse stato anche capo del governo. La pretesa italiana e decisamente assurda di modificare gli assetti istituzionali per via di leggi elettorali senza poi omogeneizzare queste ultime e la Costituzione lo rese impossibile.Il porcellum, soprattutto nella versione originaria che prevedeva norme elettorali identiche per Camera e Senato e che fu modificata dopo l'intervento dell'allora presidente Ciampi, era modellato sugli interessi e le convenienze del centro-destra, destinato geneticamente a restare una coalizione senza nemmeno poter ambire al partito unico. Formalmente era un proporzionale, e conservava quindi il senso d'identità forte dei singoli partiti, ma con soglie di sbarramento doppie per i partiti che si presentavano al di fuori delle coalizioni e con un premio di maggioranza che assicuravano alla coalizione vincente un controllo totale. Era cioè, di nuovo, un maggioritario fondato però su una base proporzionale, dunque intimamente contraddittorio.L'Italicum non è il solo modello di maggioritario possibile, proprio come quello dell'M5S non è il solo proporzionale praticabile. Però sarebbe opportuno che la politica italiana, dopo 23 anni di prove una più disastrosa dell'altra, decidesse di decidere a quale principio ispirarsi e si convincesse poi della necessità, una volta imboccata una strada, di intervenire in maniera omogenea anche sulla seconda parte della Costituzione. In caso contrario la terza Repubblica non sarà migliore della seconda. Per quanto l'impresa appaia ardua, potrebbe risultare anche peggiore.