Nessun nuovo onere dall’eventuale ratifica. Nessun peggioramento del rischio rispetto a quello già previsto. Anzi. «È possibile che la riforma del Mes, nella misura in cui venga percepita come un segnale di rafforzamento della coesione europea, porti ad una migliore valutazione del merito di credito degli Stati membri aderenti, con un effetto più pronunciato per quelli a più elevato debito come l’Italia».

Tutto questo è contenuto nella relazione che il ministero dell’Economia ha inviato alla commissione Esteri il 9 giugno e diventata pubblico ieri, quando la commissione si è riunita per discutere della ratifica del Meccanismo europeo di stabilità, osteggiata dal governo.

Ma evidentemente non da via XX settembre e dal ministro Giancarlo Giorgetti, che sarà audito dalla commissione stessa, presieduta dall’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Il quale ha aggiornato la riunione a questa mattina, dandosi 24 ore di tempo per analizzare il testo.

«Abbiamo chiesto l’audizione del ministro Giorgetti per approfondire la questione e il nostro ruolo è quello di valutare - ha detto Emanuele Loperfido, deputato di Fdi e membro della commissione - Nell’interesse di tutti ci si è dati 24 ore e sia la maggioranza che l’opposizione avranno modo di approfondire il tema». Ma se anche il leader di Noi moderati Maurizio Lupi prova a smorzare i toni spiegando che «la maggioranza voterà compatta come sempre», l’opposizione ha approfittato dello sbandamento per andare all’attacco della maggioranza, da punti di vista diversi.

Sulla ratifica del Mes «siamo l’ultimo Paese che manca», ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein. «Sono impegni internazionali che l’Italia aveva assunto, non ratificare il Mes mina la credibilità internazionale del Paese e il Paese non se lo può permettere - ha aggiunto la leader dem - Spero per l’Italia che vengano messe da parte lei ragioni fumose e ideologiche del ritardo, il governo su questo è profondamente diviso e ci sono tensioni ma ha la responsabilità di far rispettare all’Italia gli impegni assunti». Sullo stesso piano anche il terzo polo. «Il varo del meccanismo europeo di stabilità può fare bene all’Italia - spiega la capogruppo al Senato e coordinatrice nazionale di Italia viva, Raffaella Paita - Il governo ora non ha più alibi: lasci da parte velleitarismi sovranisti, ratifichi il Mes e chiuda questa vicenda, che si sta trascinando da troppo tempo».

Ma dal Pd l’attacco è doppio, perché coinvolge anche quanto accaduto in commissione Bilancio al Senato dove ieri la maggiorana è andata sotto sugli emendamenti dello stesso governo. «La maggioranza è nel caos e al Senato non riesce a far approvare emendamenti preparati all’ultimo minuto, che cercavano di mettere toppe ai tanti obbrobri contenuti nel dl Lavoro - incalza Schlein - La verità è che questo esecutivo non sta in piedi ed è incapace di passare dalla propaganda ai fatti».

Attacchi simili arrivano dal presidente M5S, Giuseppe Conte, che parla di un «governo allo sbando». Secondo l’ex presidente del Consiglio «il ministero di Giorgetti elogia la riforma del Mes e il governo Meloni, in imbarazzo dopo le bugie raccontate in pandemia, continua a rinviare le decisioni» mentre «sul decreto Lavoro, in realtà decreto Precariato, il Governo non ha nemmeno la maggioranza in commissione Bilancio al Senato sui suoi stessi emendamenti». Un governo, insomma, che per Conte è «incapace, inutile e dannoso».

L’inghippo sul decreto Lavoro è stato risolto da una nuova capigruppo, convocata dopo che la maggioranza era andata sotto in commissione Bilancio sul parere sugli emendamenti della relatrice, Paola Mancini di Fdi. La richiesta era arrivata dal Pd, M5S, Alleanza Verdi sinistra e autonomie, mentre per Fdi e Lega non c’era bisogno di una nuova conferenza dei capigruppo.

A voler continuare i lavori in commissione era anche Dario Damiani, di Fi, uno dei due membri della Commissione Bilancio azzurri, (assieme a Claudio Lotito) assente al momento del voto. «Si è trattato solo di un contrattempo, eravamo impegnati con altro», ha detto respingendo al mittente chi accusava Forza Italia di aver determinato il ko.

«È stato un incidente di percorso, una tempesta in un bicchiere d’acqua», ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Era arrivato in ritardo un parere e i senatori di Fi avevano chiesto un rinvio di 15 minuti, quando sono arrivati si era appena votato», ha aggiunto. Insomma «incidenti che capitano», che «non dovrebbero capitare», ma «nulla di preoccupante, nessun messaggio, nessuna divisione». Intanto proprio da Forza Italia arriva la notizia della cacciata dell’ex senatore Alfredo Messina dal ruolo di tesoriere del partito, ricoperto da Messina, vicinissimo a Berlusconi, sin dagli albori. Nel comitato di presidenza oriento per oggi pomeriggio la nomina del suo successore.