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Mentre il vicepremier cinquestelle Luigi Di Maio - dopo aver assicurato che le banche «pagheranno per la loro arroganza» - ingaggia un corpo a corpo con Confindustria ( «Fa terrorismo psicologico» ) sul Decreto Dignità, il ministro Danilo Toninelli disvela un rovescimento di impostazione su Alitalia che, a suo avviso, «tornerà italiana con un partner che la farà volare». Insomma l’intero arco dell’industria sia pubblica che privata è nel mirino del maggior partito di governo. Assieme alle bordate al sistema bancario, sembrano confermare un impianto concettuale da “decrescita felice” o da firmamento pauperistico- statalista che poco appare in sintonia con le aspirazioni del Nord produttivo che guarda alla Lega o comunque spinge ( e spera) per un risveglio di Forza Italia.Matteo Salvini, almeno per il momento, guarda e lascia fare l’alleato: lucra la posizione di rendita che gli viene dal giocare su due tavoli. Da un lato, far parte a pieno titolo - e anzi addirittura esserne il Lord protettore - di una maggioranza che è in sintonia con le pulsioni profonde dell’elettorato, oalmeno di quello che ancora si reca alle urne. Dall’altro, come dimostra il via libera a presidente della Commissione di Vigilanza Rai al senatore forzista ed ex giornalista Mediaset Alberto Barachini, confermare la liaison con Berlusconi rassicurandolo di poter essere l’uomo giusto che tutela i settori che più stanno a cuore al Cavaliere.Nel frattempo, Salvini continua a martellare sull’immigrazione e a porsi come baluardo nei confronti di quella clandestina: che poi è l’immigrazione tout court visto che un percorso legale di ingresso in Italia non è previsto. Su questo fronte, il vero limite dell’impostazione salviniana “a muso duro” è quello europeo. Si può battere il pugno sul tavolo quante volte si vuole però poi alla fine la realtà è che la ripartizione dei migranti come parte di un meccanismo di integrazione e di accollo del problema, arriva solo dagli Stati con i quali l’Italia è tradizionalmente legata; mente il blocco di Visegrad con l’aggiunta dell’Austria rifiuta ogni ingresso e anzi giudica l’atteggiamento italiano come di chi «spalanca le porte all’inferno» ( Andrej Babis, premier Ceco).Di fatto la spinta a litigare con gli amici e tendere la mano ai nemici, nonsembra in grado di garantire grandi margini di manovra al titolare degli Interni. Le fortissime polemiche sulle morti in mare di queste ore di donne ebambini, non lo aiutano.La bella stagione favorirà l’azione degli scafisti e per tutta l’estate Salvini si ritroverà alla prese con possibili naufragi e tragedie incombenti. Se non si sviluppa un’azione concertata a livello europeo, di cui al momento ci sono solo embrioni, la situazione non si stabilizzerà e l’Italia continuerà a essere terra di frontiera. E di primo - seppur denegato sbarco.Vista la volatilità dell’opinione pubblica poi, non è neppure escluso che il vento che oggi gonfia le vele dell’accoppiata Di Maio- Salvini si affievolisca. Se mai succederà, resta che il panorama politico è dominato dai Cinquestelle che, quasi vogliosamente, vanno a caccia di nemici scendendo nei sondaggi, e dalla Lega che invece ingrossa i consensi grazie alla faccia feroce inalberata sulle coste.Si tratta di un equilibrio instabile, anzi di uno squilibrio. Che tuttavia non conduce automaticamente alla crisi. Essere maggioranza, spartirsi gli incarichi, poter dettare l’agenda d’azione governativa, infatti, non è poi così male, soprattutto se ciò avviene nel vuoto di una opposizione che latita. In più il contesto internazionale e quello europeo in particolare, continua ad essere dominato da spinte nazionaliste e sovraniste che fanno da volano alle aspirazioni dell’alleanza gialloverde.Vero è che in autunno arriverà la legge di Stabilità e il rispetto delle compatibilità finanziarie ancora una volta rivendicato dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, non consente impennate d’ottimismo. E’ presumibile che l’Italia giocherà la carta della flessibilità chiesta a Bruxelles: non sarà però una partita facile. Alcuni segnali lo lasciano intendere. In una conferenza stampa congiunta con il presidente della Commissione Ue, il capo della Banca europea per gli investimenti, Wener Hoyer, ha spiegato che il nostro è il secondo Paese beneficiario di progetti europei finanziati dal piano Junker rispetto al Pil: più di otto i miliardi concessi che ne dovrebbero mobilitare poco più di 46 miliardi di investimenti. Per la serie: anche se in forma non così copiosa, però i soldi ve li abbiamo già dati. Se poi non li sapete usare sono fatti vostri.