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Conte e Grillo un tempo amici
«Beppe Grillo è responsabile di una controcomunicazione che fa venire meno le ragioni di una collaborazione contrattuale». Poche parole, più edulcorate dei celebri “vaffa” del fondatore del M5S, ma di fatto dello tesso significato. E il paradosso, a conclusione della telenovela interna al Movimento che ormai dura da mesi, è che il leader Giuseppe Conte le abbia pronunciate in una conversazione con Bruno Vespa, uno dei simboli di quell’establishment contro il quale il M5S è nato.
Il pretesto è il nuovo libro del giornalista in uscita la prossima settimana dal titolo Hitler e Mussolini - L’idillio fatale che sconvolse il mondo (e il ruolo centrale dell’Italia nella nuova Europa). «Grillo ha rivendicato il compenso come garante anche nelle ultime lettere che mi ha scritto - dice Conte - e io non ho mai accettato che fosse pagato per questa funzione, che ha un intrinseco valore morale e non è compatibile con alcuna retribuzione». Retribuzione che equivale a 300mila euro l’anno, cifra che Conte non è più disposto a elargire a Grillo. Dopo aver chiarito che fu raggiunto «un compromesso retribuendo la sua nota abilità comunicativa per rafforzare l’immagine del movimento», Conte dice a Vespa che «di fronte a un processo costituente che ha coinvolto l’intero movimento, Grillo sta portando avanti atti di sabotaggio compromettendo l’obiettivo di liberare energie nuove».
Conte ripercorre gli ultimi mesi, riconosce che «qualcosa si è inclinato in maniera irreversibile» e spiega di essere «umanamente molto colpito da come si comporta». Un rapporto da sempre più burrascoso, basti pensare a quando Grillo, nel 2021, disse che Conte «non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione». Episodi che evidentemente l’ex presidente del Consiglio non ha digerito.
«Già in passato ha avuto atteggiamenti velenosi nei miei confronti, ai quali non ho dato peso perché su tutto prevalevano gli interessi della comunità - ragiona Conte - Vedere oggi che contrasta in maniera così plateale un processo di partecipazione democratica che ci riporta agli ideali originali di Casaleggio mi ha rattristato moltissimo. Perché, al contrario di quel che scrivono i giornali, lo scontro non è personalistico (Grillo contro Conte), ma vede Grillo battersi contro la sua stessa comunità».
Insomma un “benservito” in piena regola, al quale poco dopo ha risposto lo staff di Grillo spiegando che il contratto è «in vigore» e non risulta alcuna comunicazione contraria. Un giallo risolto poco dopo dallo stesso M5S. Da Campo Marzio fanno notare che il contratto «andrà alla sua naturale scadenza nei prossimi mesi» ma per il Presidente Conte «non è più possibile rinnovarlo in queste condizioni».
Nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia che la faida si espande ai principali rappresentanti dei due “mondi” M5S, ormai agli antipodi. E dunque se per Nicola Morra, fedelissimo di Grillo, «la revoca del contratto a Grillo rende evidente la trasformazione del M5S nel partito personale di Conte, nuovo cespuglietto triste del PD», la montiana Vittoria Aldino fa sapere che «chi è garante di principi e valori non dovrebbe avere un contratto con un compenso così alto».
E nello scontro dice la sua anche Davide Casaleggio, figlio del fondatore Gianroberto, che alla domanda “Finirà come in Ghirlande, tra Conte e Grillo, alla fine ne resterà uno solo?” a Un giorno da pecora su Iradiddio1 risponde «sì, ma un solo elettore, se continuano così...». Secondo Casaleggio quelle di Conte «sono dichiarazioni un po’ strane, Conte lo dice a Vespa invece che a Grillo e agli iscritti?», si chiede. Poi l’affondo contro l’attuale leader. «Non si sa in che modo Conte abbia scelto gli iscritti nei cluster e non si sa più quanti siano gli iscritti. Ne hanno eliminati molti - annota - durante l’estate. Anche Grillo ha chiesto quanti siano. Strano che per tre anni non sia stata fatta questa cosa e ora che c’è una battaglia con Grillo venga fuori».
Chiaro il riferimento alla Costituente M5S che terminerà i lavori tra poche settimane, e nella quale si voterà anche sul ruolo di Grillo. Questione che, dopo le parole di Conte, sembra ormai superata dai fatti. «Rispetto al Movimento che conoscevo io, è rimasto solo il nome», ragiona amaro Casaleggio, per poi ricordare che «il simbolo del M5S è di proprietà dell’Associazione fondata da me e da Luigi Di Maio». Il figlio dell’ex fondatore è tuttavia d’accordo con il principio di fondo per cui al Movimento occorra «una ristrutturazione», con tanto di «cambio di nome». E intanto una possibile scissione dei “grillini”, da Virginia Raggi a Danilo Toninelli, è sempre più vicina.