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E se il Burian dello scorso fine settimana si fosse portato via la stagione delle illusioni? E se la realtà - quella ruvida e netta, dove le promesse sono sempre molto più affascinanti delle risposte concrete - cominciasse a bussare sulla bolla mediatica della propaganda, sgonfiandola e facendola precipitare a terra?Senza essere troppo aulici e tenendo ben presenti le specificità territoriali e di contesto, ma rigettando altresì letture superficiali e strumentalmente sminuitive, è possibile sostenere che il voto della Sardegna, come e più di quello abruzzese e in attesa delle urne in Basilicata il 24 marzo, segni un’inversione di tendenza rispetto alla narrazione del Palazzo, possa aver avviato una resipiscenza dell’elettorato riguardo altisonanti atteggiamenti e svicolamenti social che producono piogge di like ma non smuovono di un centimetro i problemi. Anzi, li esasperano.«L’M5S è vivo e vegeto e per il governo non cambia nulla», assicura Luigi Di Maio. «Andremo avanti cinque anni», fa eco Matteo Salvini, cogliendo l’abbrivio di GiuseppeConte che taglia corto: «Il mio governo non cadrà, né ora né dopo le Europee».Il bello è che, in qualche misura, tutti e tre hanno ragione. Infatti l’elemento da cogliere dal pronunciamento isolano è più di fondo, più strutturale anche se solo abbozzato. Esprime una tendenza, non ancora un senso di marcia definito.Il dato più marcato riguarda i Cinquestelle. Dal 42 e passa per cento delle politiche di appena dodici mesi fa sono passati all’agghiacciante 11 per cento: non è più “solo” un tracollo ma una vera e propria bancarotta. Nè vale la giustificazione che quello al MoVimento è un voto di opinione, dunque esposto ai venti della mutevolezza e avvenuto in un quadro, il voto regionale, dove i Penstallati sono tradizionalmente sfavoriti. Tutto giusto, ma più che di opinione si è trattato della voglia di voltare decisamente le spalle. E’ noto che Di Maio punta quasi tutto sul reddito di cittadinanza, Totem fideistico e salvifico al tempo stesso. Ebbene nell’analisi della Banca d’Italia il tasso di disoccupazione vola verso il 16.8 per cento ( dato in ulteriore calo): cioè ampiamente al di sopra della media nazionale che è pari al 10.3 per cento. La disoccupazione giovanile in Sardegna proponeva fino a pochimesi fa un indice pari al 56 per cento: semplicementeallucinante. La ripresa economica lo ha successivamente ridotto, ma il livello rimane ben oltre il livello di guardia: 46.8 per cento. Un giovane sardo su due è senza lavoro. E’ in questo deserto di opportunità che il reddito di cittadinanza doveva svolgere la funzione di manna celeste: invece non ha funzionato, i ragazzi sardi lo hanno letteralmente disconosciuto. Vuol dire che i Cinquestelle vedono spuntata la loro arma migliore e forse - meglio ripetere: forse - gli elettori cominciano a rendersi conto che non è lo strumento giusto per eliminare la povertà o ridurre le diseguaglianze. Si tratta di un capitombolo ideologico- identitario di grandi proporzioni: chi sostiene che nulla cambierà forse non tiene in sufficiente conto lo stato d’animo che affiora negli italiani. Per i ( sempre più ex) grillini c’è la soddisfazione di portare rappresentanti in Consiglio regionale. E’ una prima volta: un po’ amara.Ma l’elemento altrettanto significativo che dà sostanza al tramonto della fase delle illusioni riguarda l’altro alleato di governo: la Lega. Matteo Salvini ha giocato a gratta e vinci sul tavolo verde dell’isola, ma il bottino raccolto non è stato all’altezza delle aspettative. La soddisfazione di aver ancora una volta prevalso, e di gran lunga, nello schieramento di centrodestra e anche qui di essere rappresentato per la prima volta nell’Assemblea regionale, quasi si dissolve di fronte al mancato sfondamento. L’alleanza con i sardisti ha funzionato solo in parte; molto ha pesato la semplificazione salviniana del problema dei pastori e del latte sotto il costo di produzione. Il vicepremier leghista si è presentato con il volto del decisionista assoluto, oscurando perfino il ministro leghista dell’Agricoltura. Il blitz non è stato però vincente, la soluzione non è arrivata. Forse anche qui c’è una prima volta: aver voluto alzare la palla per lo smash ma averla gettata fuori campo. Una lezione che i sardi hanno capito bene, e che può dilagare solcando il Mediterraneo fino alle coste del resto del Paese.Rimane il centrosinistra, ed è una di quelle rimanenze che valgono oro. Il sindaco di Cagliari e candidato governatore, Massimo Zedda, ha mostrato doti amministrative significative. Soprattutto ha mostrato che un buon candidato può calamitare una fetta importante di quel popolo di sinistra che sembrava perso, e che invece può tornare ad essere competitivo. La palma di primo partito resta nella mani del Pd. Sembrava un vessillo da riporre; torna invece a garrire. Sono lezioni importanti, tutte. Ora tocca alle forze politiche farne tesoro.