Il primo cdm post terremoto elettorale dovrà aspettare ancora. E anche il vertice che dovrebbe preparare la riunione del governo nella quale si capirà se il governo può almeno provare ad andare avanti o se non c'è più spazio neppure per un estremo tentativo. In mezzo, oggi, ci saranno il voto sulla leadership di Di Maio, con Salvini che ha già dettato la sua legge avvertendo che se passasse ' la linea Di Battista' i giochi sarebbero finiti, e la sentenza sul sottosegretario Rix.

Se fosse di condanna potrebbe rivelarsi il casus belli finale. Domani però il governo dovrà anche rispondere alla lettera- diktat della commissione europea, che proprio per sottolineare il carattere ultimativo della missiva ha concesso solo 48 ore di tempo per rispondere pur essendo perfettamente consapevole della confusione che regna a Roma. Un gesto non precisamente amichevole, dunque, che complica un fine settimana già da tregenda.

Di Maio ha scelto ieri di anticipare il processo che i gruppi parlamentari si preparavano a intentargli in serata, con l'obiettivo di metterlo di fatto sotto tutela stretta, chiedendo un voto di fiducia alla piattaforma, dunque, almeno formalmente, alla base. Se il verdetto gli darà il via libera per provare a mantenere in sella il governo gialloverde le insidie saranno più numerose che ordigni in un campo minato.

Ad avvelenare i pozzi è stata una campagna elettorale nella quale i due soci, ma soprattutto i 5S, hanno perso di vista una regola elementare: ci si può dichiarare in contrasto con gli alleati su molti punti ma non su tutti, altrimenti governare insieme diventa impossibile. Su questa già più che pericolante base, la situazione quasi paradossale di un governo che registra proporzioni e rapporti di forza letteralmente rovesciati dal voto di domenica scorsa può facilmente diventare ingovernabile.

Il primo scoglio arriverà oggi stesso, se il sottosegretario Rixi sarà condannato per peculato. La decadenza da parlamentare sarebbe automatica, quella da sottosegretario no. Per i 5S però non può esserci dubbio: senza dimissioni spontanee dovrebbe essere Conte a mettere Rxi alla porta come già fatto con Siri, che pure non era e non è stato ancora neppure rinviato a giudizio.

Il capo dei senatori leghisti Romeo ha già detto chiaramente che Rixi deve restare al proprio posto ma Salvini è stato più prudente e non si è esposto. A imporre le dimissioni a ' membri del governo condannati' è infatti il contratto, proprio quel contratto che il leghista continua a invocare per far passare i provvedimenti a cui tiene. Che sia lui il primo a stracciarlo in realtà è improbabile.

Se l'ostacolo Rixi sarà superato, per assoluzione o per dimissioni, già nella riunione del cdm si presenterà la grana dl Sicurezza. Salvini aveva accettato di rinviarne l'approvazione a dopo le elezioni sia per evitare una scortesia nei confronti del capo dello Stato, che avrebbe trovato imbarazzante firmarlo prima del voto, sia per evitare strappi definitivi con i 5S. L'accordo era che sarebbe comunque stato varato nel primo cdm dopo il voto.

Solo che il risultato clamoroso ha cambiato, se non tutto molto. Il dl gemello dei 5S, quello sulla Famiglia, deve infatti essere trasformato in ddl dato che manca dei requisiti di necessità e urgenza. Nel nuovo clima post- elettorale, però, il varo del dl della Lega e non di quello dei 5S suonerebbe come un'umiliazione dei vinti e tutto è quindi tornato in forse. La trappola successiva, se il governo passerà indenne quella in realtà non troppo micidiale del dl Sicurezza, sarà la legge sulle autonomie. Conte la blocca da mesi.

Di Maio, anche dopo le elezioni di domenica, ha ripetuto che non intende farla passare nella formula presentata dalla ministra Stefani. Ma i margini di trattativa sono stretti perché Salvini deve tener conto della pressione fortissima dei governatori di Lombardia e soprattutto veneto, e di quella della sua base elettorale nel nord e nel nord- est. Di un'autonomia spogliata di fisco, istruzione e sanità, come vorrebbe Di Maio, non sanno che farsene. Tra tutte le mine, è la più pericolosa per il governo.

Entro giugno, poi, il governo dovrà scegliere se andare avanti o no con il tunnel base della tratta Torino- Lione. Il blocco è per la Lega fuori discussione, tanto più dopo i risultati elettorali sia delle europee che delle regionali in Piemonte e in val Susa, dove la Lega ha vinto ovunque tranne che in un solo comune. La via d'uscita potrebbero for- nirla la Ue e la Francia, con un aumento dei contribut che permetterebbe a Conte di giurare che il calcolo costi- benefici, ora negativo, si è ribaltato. Fragilina, soprattutto su una questione chiave che fa parte del dna pentastellato ma tant'è.

Infine la riforma della giustizia, con la richiesta leghista di cancellare l'abuso d'ufficio, reato per il quale è del resto indagato il governatore lombardo Fontana. A ridosso delle elezioni il Niet di Di Maio era stato senza appello ma lo stesso Cantone, guida dell'Anac, aveva ammesso che l'abuso non andrebbe abolito ma riveduto sì. Di Maio si era affrettato a concordare. Una via d'uscita, se ci fosse la volontà politica di farlo da entrambe le parti si potrebbe trovare.

Il fronte più eminente, quello della Flat Tax è in realtà più complesso. Rinvia infatti non solo allo scontro interno all'attuale maggioranza ma anche e soprattutto a quello con Bruxelles. Molto dipenderà quindi da quale sarà il Di Maio dei prossimi giorni: se sarà quello ' anti- europeo' dei mesi scorsi proprio il confronto, destinato a probabilmente a degenerare in scontro, con Bruxelles potrebbe offrire ai due ormai quasi ex soci il terreno comune per tentare di rimettere insieme l'alleanza. Se sarà quello ' iper europeista' delle ultime settimane proprio su quel fronte arriverà il colpo fatale per il governo.