Rivedere l'adesione dell'Italia alla Nato. Non è uno slogan di piazza ma una proposta di legge al vaglio della Commissione Esteri della Camera. Il testo, in realtà, è frutto di una proposta d'iniziativa popolare del 2008 promossa dalla rete Disarmiamoli. È tornato d'attualità grazie al Movimento 5 Stelle che ha riproposto la legge nell'agosto scorso. E la discussione, rimandata di anno in anno, domani arriverà a un punto di svolta. Venerdì infatti si voteranno gli emendamenti e verrà licenziato un testo da sottoporre all'esame dell'Aula poco prima della pausa natalizia. La guerra fredda è finita, «è necessario quindi superare la cosiddetta "logica securitaria", sottesa alle ragioni costituenti della Nato, e prendere atto che il modello di sicurezza che a esse si ispirava dimostra oggi tutta la sua inefficacia e obsolescenza proprio nell'adozione di tecniche e strumenti che sono intrinsecamente in contraddizione con gli obiettivi che si prefiggono: la pace e la sicurezza del Paese», scrivono i proponenti nella premessa della legge. «Appare dunque del tutto ragionevole considerare esaurite le motivazioni dell'adesione italiana alla Nato e sottoporre al Parlamento la decisione sull'opportunità di non rinnovare per il futuro tale adesione». Il messaggio sembra poco equivocabile, ma per il 5 stelle Manlio Di Stefano, relatore di minoranza del provvedimento, non è corretto presentare in questi termini la legge perché, premessa a parte, «poi sul testo vero e proprio non si parla di uscire dalla Nato. Questa è la strategia comunicativa del Pd per buttare giù la legge», ci spiega. Il partito di Renzi, infatti, con a capo Andrea Manciulli, relatore di maggioranza, è palesemente ostile al progetto. Ma che la legge metta in discussione la permanenza dell'Italia all'Alleanza atlantica non sembra un'argomentazione del tutto infondata. Il testo è composto da tredici articoli divisi in due titoli - "Trattati militari" e "Basi, caserme e installazioni" - e prevede: che «tutti i trattati e accordi internazionali di tipo militare, anche se esclusivamente di ricerca, a cui l'Italia partecipa, devono essere necessariamente ratificati dal Parlamento»; che «la ratifica deve essere rinnovata ogni due anni»; e che in mancanza di ratifica «l'Italia deve considerarsi receduta dall'accordo». È esclusa, inoltre, la «la possibilità della permanenza e il transito in Italia di armi nucleari, chimiche, batteriologiche, e di altre armi che sono in contrasto con la Convenzione di Ginevra» e sono previste forti limitazioni per le basi militari. Per il Movimento 5 stelle, però, questo non significa uscire dal Patto. «La legge vuole semplicemente "parlamentarizzare" la nostra Alleanza», continua Di Stefano. «Quindi stop alle concessioni a tempo imperituro senza alcun tipo di vincolo. Mi viene in mente l'utilizzo ormai decennale della Sardegna come se fosse una grande base militare americana, con bombe che passano e stoccaggio di materiali nocivi». In altre parole, l'Alleanza verrebbe subordinata ad alcuni paletti. «Qualcuno potrà pensare pensare che davanti a una richiesta del genere la Nato potrebbe non starci», dice il deputato 5S «Che fanno, ci cacciano? Ricordo che noi partecipiamo all'Alleanza con una quota di uomini e di risorse enormi».Per il generale Vincenzo Camporini, appena nominato membro del Senior Expert Group della Nato per la riforma della struttura di comando, si tratta di una visione figlia «di una ingenuità incredibile», dice al Dubbio. «Pensare che si possa vivere felici e contenti nel nostro angolo di vita senza che ci sia un coinvolgimento nelle vicende che ci circondano è miope e foriero di disgrazie. Significa farsi legare mani e piedi da chi le decisioni le prende. Purtroppo noi non sufficientemente influenti per formare le decisioni comuni delle alleanze». Questo non significa che gli accordi non possano essere cambiati. Ad esempio, «lo strumento per chiedere la rimozione delle testate nucleari dal nostro territorio c'è», spiega Camporini, «ma una richiesta del genere avrebbe delle inevitabili conseguenze politiche. Si aprirebbe un serio problema di rapporti, visto che un impegno già preso viene rimesso in discussione. Ognuno deve assumersi la propria responsabilità in una comunità internazionale».La palla adesso passa al Parlamento, dove i 5 stelle sperano di trovare il sostegno di Sel e magari della Lega. Ma non solo: «Mi auguro che in Aula arrivino un po' di voti anche dal Pd, perché questa proposta viene da comitati in cui il Pd ci ha sempre messo la faccia e le firme», conclude Di Stefano.