Il quadro politico italiano è come quelle figurine che cambiano immagine solo a muoverle impercettibilmente. Quale delle due s’imporrà sull’altra lo si potrà dire con certezza solo tra mesi, dopo le elezioni politiche, sempre che nel frattempo non si producano imprevedibili ma possibili sconquassi. L’esito dei ballottaggi di domenica, però, spingerà almeno nell’una o nell’altra direzione. La prima immagine è quella che si coglie a occhio nudo: tre poli grosso modo delle stesse proporzioni, almeno alla partenza, e due aree frastagliate, i centristi e la sinistra, che annaspano cercando una formula che gli garantisca almeno la sopravvivenza. Due di questi poli sono composti da un solo partito, M5S e Pd, almeno sino a quando il Campo virtuale di Pisapia non avrà acquisto, se mai accadrà, una qualche corposa concretezza. Il terzo polo, invece, è vede all’interno due aree distinte, Fi più spezzoni centristi da una parte, Lega e FdI dall’altra. I due gruppi sono da mesi impegnati in uno scontro fratricida sordo e nascosto ma non per questo meno duro. Arcore mira a tenersi le mani quanto più libere possibile in vista di possibili manovre a tutto campo per il dopo elezioni. La Lega chiede invece di rinsaldare i vincoli di coalizione, e forse di lista unitaria, in modo da impedire quella libertà di movimento all’ex Cavaliere Se i ballottaggi, soprattutto in Liguria premieranno senza margini di dubbio la manovra del governatore Toti, punto di riferimento dei forzisti che mirano a un asse di ferro con la Lega, la spinta a favore della strategia di Salvini e dello stesso Toti sarà robusta. Se i risultati saranno meno netti, però, a guadagnare punti sarà Berlusconi: avrà infatti dimostrato che un centrodestra unito può sfondare ancora, ma non se egemonizzato dalla sua ala più radicale. Il Pd nel primo turno aveva evitato quanto più possibile di presentarsi a viso e aperto e simbolo squadernato, tanto che è letteralmente impossibile contare i consensi del partito di Renzi. Per il segretario la vera prova sarà quella di domenica. Se prevarrà in una parte sostanziosa dei ballottaggi a rischio il segretario potrà rivendersi una vittoria, o una mezza vittoria. Se sarà sconfitto soprattutto nelle piazze storicamente rosse, come Genova e La Spezia, acquisteranno vigore i tanti che, dentro e soprattutto fuori dal Pd, stanno tentando di tessere una tela, quella del ' nuovo centrosinistra', nella quale dovrebbe restare intrappolato prima, e poi divorato, proprio Matteo Renzi. E che sia proprio questo l’obiettivo dei paladini del centrosinistra, a partire da Romano Prodi, è fuori dubbio.

Ma se i risultati, invece di rafforzare il quadro tripolare, eserciteranno una spinta centripeta, cioè se la strategia Toti- Salvini non sfonderà e il Pd non dovrà lamentare sconfitte disastrose sul piano simbolico, diventerà più nitida l’immagine alternativa, quella che nessuno può ammettere ma tutti sanno essere invece un’opzione possibile, anzi probabile. In questo secondo panorama i partiti maggiori sono solo due, Pd e M5S, mentre quello di destra è diviso e passibile di alleanze tra loro antagoniste. Forza Italia scommetterebbe su un’alleanza con il Pd, la Lega su quella con il movimento di Grillo. Se la legge elettorale resterà quella che è al momento, è molto probabile che proprio tra questi due fronti, inconfessabili prima delle elezioni, si giocherà la partita del prossimo governo. Berlusconi, negli ultimi giorni, è tornato a fare il mattatore, passando da un programma televisivo all’altro e mitragliando battute a raffica. Il suo primo obiettivo è dimostrare che al centro della scena c’è sempre e solo lui. In cuor suo Berlusconi non ha affatto rinunciato a sperare in una nuova legge elettorale che gli permetta di tenersi le mani libere senza dover arrivare per questo allo showdown con la Lega. Ma per capire quanto i risultati del voto di domenica lo aiuteranno a forzare in quella direzione e quanto invece la precluderanno bisognerà avere di fronte un quadro completo, e comunque non facile da decodificare, dei ballottaggi.