Il presidente della Repubblica, nel discorso che ha tenuto ieri ai giornalisti parlamentari, durante la cerimonia del “ventaglio”, ha citato un passo del capitolo trentaduesimo dei Promessi Sposi. Manzoni, occupandosi della peste a Milano ( secolo diciassettesimo) e della caccia agli untori ( uno dei più terribili fenomeni di tumulto sociale originato da fake news, da distanza tra realtà e percezione, e da esplosione forcaiola nel popolo), racconta di come anche tra gli intellettuali e i grandi sacerdoti ( persino monsignor Federigo Borromeo) avesse finito con il prevalere l’idea che gli untori esistessero davvero, e racconta poi di come restassero, nascoste e intimorite, solo piccolissime minoranze ben convinte che fosse tutta una montatura. Ma queste minoranze non avevano il coraggio di esporsi, di parlare.

Scrive Manzoni: «C’era gente che non era molto persuasa che fosse vero il fatto di quegli unti velenosi. Si vede ch’era uno sfogo segreto della verità, una confidenza domestica: il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune…» Il presidente della Repubblica ha citato Manzoni riferendosi ai tempi nostri. L’immagine è netta e a me sembra molto attuale: il buonsenso che si nasconde impaurito dal senso comune. Mattarella ha preso spunto da un episodio che abbiamo raccontato nei giorni scorsi: la revolverata contro una ragazzina, rom, alla periferia di Roma. Quello che ci aveva colpito - e ha colpito anche il Presidente - non è stata solo la follia del gesto di un cittadino italiano che si è affacciato al balcone per sparare e ha provocato un danno gravissimo a una bambina di un anno. Ci ha colpito la reazione raccolta, nel quartiere, dei giornalisti della terza rete Rai. Uno degli intervistati, addirittura, con grande calma, si è lamentato del fatto che il colpo fosse stato sparato con un’arma a piombini, mentre lui avrebbe preferito un proiettile vero. Mattarella ha parlato di Far West e di barbarie. Naturalmente si può passare sopra al suo discorso, considerandolo solo lo sfogo di un anziano signore d’altri tempi. Oppure lo si può prendere sul serio. Ma se lo si prende sul serio bisogna tener conto del fatto che il suo è stato un atto di accusa fortissimo contro la politica. Non è una presa di posizione a favore di un partito o di un altro. Ma il richiamo a riportare la realtà e il buonsenso, e una qualche forma di etica pubblica, al centro della battaglia politica. Poi ciascuno può sostenere, su qualunque tema, le posizioni che gli paiono più ragionevoli e più utili. Però partendo dal riconoscimento dei diritti di tutti, del rispetto delle istituzioni, e dall’ancoraggio alla realtà delle cose, senza far leva su paure, ossessioni, ricerca dell’aggressività ad ogni costo.

Il governo e l’opposizione possono ignorare questo appello? Temo che lo faranno. E lo faranno per una ragione molto semplice: sono impauriti perché non vedono soluzioni ai problemi che hanno davanti. I partiti di governo si trovano nella necessità di far marciare un programma politico, che hanno illustrato in campagna elettorale, e che ora appare del tutto utopistico. I partiti dell’opposizione vivono drammaticamente la sconfitta di febbraio, e non trovano più la propria identità, il senso di comunità, una leadership. E così gli uni e gli altrisi rifugiano in una battaglia che si fonda solo sulla demonizzazione e sulla demagogia pura.

Il Presidente della Repubblica sembra rimasto solo. Sulle sue spalle posa una responsabilità enorme. Forse nessun suo predecessore, mai, si è trovato in un frangente così difficile. Speriamo che trovi la forza, e gli alleati, per resistere.