PHOTO
MATTEO RENZI ITALIA VIVA
«È una porcata». Non usa mezzi termini il capogruppo della Lega in senato e neo segretario del partito in Lombardia, Massimiliano Romeo, per descrivere la cosiddetta “norma anti Renzi” cioè il provvedimento inserito in Manovra che proibisce a parlamentari e presidenti di Regioni di ricevere compensi superiori a 100mila euro da enti riconducibili a soggetti extra Ue. Cioè, in sostanza, che vieta al leader di Iv di svolgere la sua celebre attività di conferenziere in giro per il mondo, e in particolare nell’Arabia Saudita del suo amico Mohammed Bin-Salman.
La norma si applica ai presidenti di Regione e ai parlamentari, fatta eccezione per coloro che sono stati eletti all’estero, ma non ai ministri (previsti invece nella formulazione originaria dell’emendamento): questi soggetti «non possono accettare, durante il proprio mandato, contributi, prestazioni, controprestazioni o altre utilità erogati, direttamente o indirettamente, da parte di soggetti pubblici o privati», che non hanno sede legale e operativa nell’Unione europea o nei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo. Il divieto non si applica in caso di preventiva autorizzazione degli organi di appartenenza secondo le procedure stabilite dai rispettivi ordinamenti, nel caso in cui il compenso percepito non sia superiore a 100mila euro all’anno
Ma facciamo un passo indietro. Senato, interno giorno. Buvette del Salone Garibaldi. Renzi ha appena finito il suo intervento in Aula dove ha posto cinque domande alla presidente del Consiglio, che nel giro di qualche decina di minuti gli risponderà nelle consuete repliche. Il leader di Iv arriva alla buvette e si ferma con i giornalisti, parla di «norma sudamericana», ribadisce che «Berlusconi se le faceva per sé, non contro qualcuno» e si dice convinto che «sarà dichiarata incostituzionale».
Il motivo del provvedimento è secondo molti riconducibile ad Arianna Meloni, sorella della presidente del Consiglio, e ai suoi rapporti con il nuovo presidente di Ales, nominato dal governo pochi mesi fa. In sostanza, la presidente del Consiglio vorrebbe «farla pagare» a Renzi, anche perché, questa la tesi del leader di Iv, «finché stavo al centro le stavo simpatico, ora che mi sono spostato verso il centrosinistra le sto un po’ sulle scatole».
Ma proprio mentre l’ex presidente del Consiglio si sfoga con i giornalisti ecco che arriva Romeo, il quale lo prende sottobraccio e cercando di strappargli un sorriso lo invita a «farsi uno champagnino». Pronta la risposta di Renzi, che chiama in causa il fratello dello stesso Romeo, Filippo (detto “champagne” e più volte ospite de La Zanzara, programma radiofonico di Radio24). Grasse risate dei presenti. Insomma, la situazione è grave ma non è seria.
Poi però ci si ricompone e Romeo parla di una norma «assolutamente scandalosa», di «una porcata», e d’altronde non è un segreto che anche in maggioranza i pareri sul provvedimento non siano omogenei. Da una parte c’è FdI e Giorgia Meloni in primis, così a favore da recepire di fatto il subemendamento firmato Giuseppe Conte che puntava a insabbiare il tentativo di Forza Italia di “annacquare” la prima stesura del testo.
Dall’altra la Lega e giustappunto una parte di Fi, che on il deputato Roberto Pella si era prodigata per cercare una mediazione. Tentativo visto tuttavia con sospetto niente meno che dal segretario del partito, Antonio Tajani, il quale non ha mai nascosto il suo via libera al provvedimento. Una bella gatta da pelare, dunque, un tritatutto in cui finisce anche il senatore a vita Renzo Piano, il quale a norma di legge non potrebbe svolgere la sua attività di archistar più che apprezzata all’estero.
Nel frattempo Renzi se la ride, dice di prenderla «alla fiorentina», cioè con una risata appunto, e confida che «se sono arrivati a tanto vuol dire che sono proprio disperati».