Con la rielezione di Emmanuel Macron vince tutta l’Europa e ora l’auspicio è che il suo primo atto «sia quello di appoggiare la richiesta di un tetto per il gas. Dobbiamo puntare i piedi. È una questione di vita o di morte». Ad affermarlo è il segretario del Pd, Enrico Letta, in un’intervista a La Stampa. «Fino ad ora l’Europa è stata unita. La vera sfida arriva adesso e io spero che Macron ci supporti soprattutto nel convincere i tedeschi. Quello che sta facendo Putin è gravissimo, intollerabile. L’opinione pubblica e le classi dirigenti devono capire che non è più possibile immaginare di andare avanti col business as usual. Peraltro il nemico numero uno di Putin è l’Unione europea, non ne fa mistero. E noi dobbiamo essere tutti consci fino in fondo di questa minaccia». Alla domanda se la Francia abbia scelto Macron per la seconda volta o ha detto di no per la terza volta a Marine Le Pen, «credo tutte e due le cose. La riconferma di Macron significa che la vittoria del 2017 non è stata un caso. Una rielezione in Francia non si registrava da molti anni», evidenzia Letta. E, interpellato sul fatto che abbia vinto l’uomo dell’establishment, sostenuto da quel che resta della borghesia liberale e progressista e sul fatto che sinistra c’entra poco, «qualcuno - rileva - fa questa analisi, secondo me sbagliando. Macron è molto più di questo, è una personalità straordinaria. Il fatto che sia riuscito ad arginare la destra, in un secondo turno in cui l’affluenza è stata simile a quella di due settimane fa, dimostra che è convincente anche per una larga parte dell’elettorato progressista. Peraltro, questo successo è molto suo, personale, più che del suo partito. Cosa che dal mio punto di vista è un limite, certamente non una forza». Il no a Le Pen che cosa ci dice? «Ci dice - afferma Letta - che la Francia rifiuta la deriva a destra e che il cognome Le Pen riporta ancora a Vichy. Non è un caso che siano proprio gli elettori più anziani a rifiutarla». Ma il 42% dei voti preso da Le Pen «è il dato su cui dobbiamo riflettere con più attenzione. Specialmente se pensiamo che cinque anni fa il l’influenza del populismo di Trump e Orban era molto più evidente e l’Europa era più fragile di adesso. Se Marine Le Pen, con i suoi legami sconcertanti con la Russia di Putin, raggiunge risultati come questi, significa che il voto per lei non è stato condizionato dalla guerra in Ucraina, ma dalla perdita del potere d’acquisto, dai salari bassi, dalla sensazione di declassamento personale e dalla difficoltà di arrivare alla fine del mese. Una lezione che terrò ben presente in vista delle elezioni italiane».