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Chi rompe paga. Parte da questo assunto il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, per annunciare i prossimi provvedimenti governativi in materia di danneggiamento nelle scuole. L’impostazione sembra essere la stessa alla quale abbiamo assistito sin dai primi passi del governo Meloni (si pensi agli interventi in materia di rave party): punire, prima di tutto. Nel caso di Valditara, agitare la bacchetta, come facevano un tempo i maestri più severi.
Il ministro, dopo aver visitato il liceo Severi Correnti, ha perso la pazienza. Nella scuola milanese l'occupazione studentesca ha provocato danni che si aggirano attorno ai 70mila euro. «Ho visitato la Severi Correnti a Milano: è stato molto impressionante vederla devastata», ha commentato senza nascondere delusione e amarezza. «Vandalismo allo stato puro» che, a detta del responsabile dell’Istruzione, richiede una risposta concreta, a partire dal 5 in condotta, che porta alla bocciatura, fino alla responsabilità civile presunta.
Dunque, gli studenti che occupano le scuole e le danneggiano dovranno preoccuparsi del loro futuro scolastico e di mettere mano al portafoglio. Risponderanno dei danni provocati, a meno che dimostrino di non avere avuto nulla a che fare con la devastazione dei beni pubblici. «Una norma necessaria», secondo il ministro, per evitare che «ricadano sulla collettività» i danni derivanti dalle occupazioni studentesche.
L’avvocato Guido Camera del Foro di Milano, si sofferma sugli aspetti legali. «Se, per certi versi, - commenta -, il voto in condotta, purché accompagnato da una valutazione individualizzata del percorso complessivo dello studente, può essere uno strumento di responsabilizzazione finalizzato al recupero scolastico, non credo che una strategia “legge e ordine”, fondata su sanzioni penali, che finirebbero ad andare colpire molti minorenni, nonché su presunzioni di responsabilità non individuali, possa essere una strategia realmente aderente ai valori costituzionali. Non va dimenticato che il procedimento minorile è tutto teso al recupero dell'autore di un reato, attraverso strumenti di supporto psicologico e sociale che non lo allontanino dallo studio e favoriscano l’ingresso nel mondo del lavoro. Proprio per questo motivo, il minore non può patteggiare la pena e non è ammessa la costituzione di parte civile nei suoi confronti».
Far pagare i danni delle devastazioni provocherebbe un corto circuito nelle famiglie degli studenti. «Le eventuali nuove sanzioni civili – prosegue Guido Camera – finirebbero per cadere sui genitori. Già nell'attuale quadro normativo il danneggiamento di beni scolastici può essere punito in modo severo, così come possono essere severamente punite le aggressioni fisiche a docenti e personale scolastico, a maggior ragione se provengono dai genitori. Sotto questo aspetto mi sembra difficile poter prevedere un'azione civile nei confronti di uno studente minorenne per lesione del danno d'immagine dello Stato».
Una riflessione tecnica su quanto annunciato dal ministro Valditara la effettua anche Claudio Cecchella, avvocato e ordinario di Diritto processuale civile nell’Università di Pisa. «L’iniziativa – dice il professor Cecchella -, se assunta in sede amministrativa, incontra lo sbarramento dell’articolo 2697 del Codice civile, sull’onere della prova, il quale sancisce il principio secondo il quale l’attore che pretende un diritto deve provarne i fatti costitutivi: chi pretende il risarcimento del danno per fatto illecito altrui deve dimostrare tutti gli elementi della fattispecie che dà origine al danno e la loro riferibilità al soggetto nei cui confronti si pretende il risarcimento. Se, invece, l’iniziativa è assunta a livello legislativo, il tema coinvolgerebbe addirittura l’incostituzionalità della soluzione, poiché solo lo Stato, nella specie il Ministero, potrebbe giovarsi di un rovesciamento dell’onere della prova, in evidente disparità di trattamento con tutti gli altri soggetti vittime di danni per fatti illeciti altrui, con conseguente violazione dell’articolo 3 della Costituzione sul principio di eguaglianza. Infine, osservo che la prova negativa è prova diabolica, normalmente la dimostrazione dell’onere della prova viene posta a carico del soggetto che deve provare in positivo un fatto e non in negativo, come si vorrebbe».
È molto critica l’onorevole Michela Di Biase, capogruppo del Pd in commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza e componente della commissione Giustizia: «Ogni volta che il ministro dell’Istruzione interviene lo fa per parlare di nuovi reati e di irrigidimento delle sanzioni verso gli studenti, aspetti che in realtà non sono il centro dei programmi ministeriali. L’ultima in ordine di tempo è l’uscita sulle occupazioni degli istituti superiori. Proviamo a seguire il filo di queste affermazioni e fare chiarezza. Esistono già le leggi che consentono di perseguire chiunque si renda responsabile di atti vandalici o di danneggiamenti nelle scuole. Il delirio panpenalista degli esponenti del governo Meloni però non sembra accontentarsi, con il ministro che si è spinto ad affermare che chi occupa una scuola dovrebbe essere bocciato. Non soddisfatto, Valditara ha anche annunciato una proposta di legge che ribalta il diritto penale, trasformando la presunzione di innocenza in presunzione di colpevolezza nei casi di occupazione. Sono affermazioni sbagliate perché ribaltano i valori su si fonda la scuola italiana, mettendo in primo piano la punizione a discapito dell’educazione. Una direzione repressiva che abbiamo già fatto notare in queste settimane a proposito della proposta di riforma del sistema di valutazione, che prevede inasprimenti delle sanzioni ed uno sbilanciamento verso la condotta a discapito dello studio. L’approccio punitivo ha dimostrato di non funzionare nel sistema penale, perché applicarlo addirittura alla scuola? Il rischio che abbiamo davanti agli occhi è che di questo passo si trasformeranno le scuole italiane in luoghi di ansia e di pena per gli studenti».