L'ordine di Giorgio Napolitano è tassativo: l'Italicum non s'ha (più) da fare. La logica che muove il presidente emerito è chiara: impedire che il Pd arrivi diviso al referendum e che pertanto rischi forte di spaccarsi un attimo dopo la chiusura delle urne, chiunque sia a uscirne premiato. Il problema è rilevante, la voce che richiama Renzi all'ordine troppo autorevole per licenziarla come se avesse chiacchierato un Bersani qualsiasi.I guai, per Renzi, però cominciano proprio qui: rimodellare la legge elettorale senza costruire il muro ideale per sfracellarcisi contro non è facile per niente. Certo, si può sempre intervenire cambiando il meccanismo delle preferenze, ma quello è uno specchietto per le allodole. La modifica non sarebbe risolutiva. Si potrebbe anche tener duro sul meccanismo dell'Italicum: doppio turno e premio di maggioranza sino al 55% dei seggi al miglior piazzato nel secondo turno. È la via che più tenta Renzi il giocatore d'azzardo: o la va o la spacca. Tutto però lascia pensare che la spaccherebbe: il secondo turno, come si è visto nelle comunali, agevola la convergenza dell'elettorato tagliato fuori al primo turno, presumibilmente la destra, sulla lista "né di destra né di sinistra". Quella a cinque stelle.L'alternativa più gettonata è spostare il premio dalla lista alla coalizione, conservando comunque il doppio turno. Per Renzi si tratta però di una strada a rischio di frane una via l'altra. Se si coalizzasse con la sinistra perderebbe quella parte di elettorato che lo vota proprio perché lo vede antagonista rispetto a ogni olezzo sinistrorso. In compenso incasserebbe una quota ristretta dell'elettorato della sinistra radicale, che lo vede ormai come l'uomo nel mirino. L'alleanza con la destra sedicente moderata, quella di Alfano e Verdini, comporterebbe invece l'emorragia di voti a sinistra, inclusa una parte rilevante della base Pd. Tenendo conto del vantaggio rappresentato a priori per la destra berlusconiana, che di coalizioni ha sempre vissuto, dal premio di coalizione, il rischio di non arrivare neppure al ballottaggio ci starebbe per intero.Le teste d'uovo renziane vagheggiano un'altra ipotesi, sia pur solo come ballon d'essai, almeno per ora: turno unico e premio di coalizione sino al 55% al meglio piazzato. Secondo i medesimi scienziati nella migliore delle ipotesi il partito più votato arriverebbe al 32-33% dei consensi. Si parlerebbe dunque di un premio di coalizione monstre del 22-23%. Vorrebbe dire far tesoro al contrario delle critiche di Napolitano, esasperando proprio quella parte della legge che l'ex capo dello Stato ha esplicitamente bersagliato, e oltretutto senza la garanzia di una vantaggio per il Pd. Vorrebbe dire giocarsi il governo del Paese alla roulette russa.Il medesimo presidente emerito ha per la verità indicato la sua legge preferita: il mattarellum rivisitato dal gagliardo Roberto Speranza: 475 deputati eletti col maggioritario uninominale, 12 al'estero, 90 come premio di maggioranza alla lista o alla coalizione più votati, 30 come premio di consolazione ai secondi, 23 da ripartirsi per diritto di tribuna a tutti quelli che passano la soglia minima del 2%. Solo così, infatti, il rischio di spaccatura nel Pd sarebbe certamente evitato. Questo modello, così come il proporzionale con collegi piccoli e conseguenti soglie di sbarramento alte suggerito da Grillo, comporterebbe per il Pd l'obbligo di stringere alleanze o con l'M5S o con Berlusconi. Quest'ultima, data la presumibile indisponibilità dei 5S, rappresenterebbe quasi certamente la sola opzione in campo.Per Renzi è l'incubo più raggelante. Dovrebbe governare mediando in continuazione, cosa che per natura gli torna ostica, e allo stesso tempo farsi vedere dalla mattina alla sera a braccetto con Berlusconi, garantendo così a Grillo, tra i cui difetti non figura l'impazienza, il trionfo alle elezioni successive. Nella migliore delle ipotesi, insomma, Renzi si aggira in un labirinto. Nella peggiore in un vicolo cieco.