L’altro giorno Marco Travaglio aveva scritto un articolo sul «Fatto Quotidiano» nel quale consigliava caldamente ai suoi amici dei 5 Stelle di abbandonare al più presto l’alleanza con Salvini. Uscire dal governo. Altrimenti, avvertiva, sarà lui, il capo leghista, a lasciare molto presto l’alleanza coi 5 Stelle, appena avrà la sensazione di avere conquistato tutto quel che si può conquistare dell’elettorato grillino.

Siccome è abbastanza noto che Travaglio conta parecchio nel cielo cinquestellato, ho avuto l’impressione che quell’articolo potesse essere un segnale di burrasca. Le retate di Marco Travaglio rese impossibili dal Nazareno

Sebbene le osservazioni del direttore del Fatto riguardassero essenzialmente aspetti tattici, di opportunità, non le grandi scelte. Del resto bisogna dire che, almeno finora, l’alleanza tra Lega e M5S è sembrata soprattutto tattica: al momento le scelte strategiche non si vedono.

Ieri però Travaglio ha corretto il tiro. Ha proposto a Di Maio di restare ancora un po’ al governo e di utilizzare il tempo rimasto per cancellare la prescrizione e per allargare le maglie del carcere preventivo. E’ partito, come fa spesso anche Salvini, dai casi di stupro addebitati a cittadini africani, per invocare più carcere, più carcere, più carcere. Sostenendo la antica tesi secondo la quale questi stupratori commettono i reati perchè nessuno li ha arrestati prima.

Non è una novità l’abitudine giornalistica e politica a prendere uno o due casi di cronaca per invocare drastiche misure. E anche per chiedere - spesso tra gli appalusi della folla - che i colpevoli ( o anche i sospetti) siano arrestati prima che il reato sia commesso. Chessò, i giornali raccontano di alcuni furti in appartamento e si pretende il raddoppio delle pene per furto. Oppure ci sono incidenti stradali e si vara il reato di omicidio stradale con pene pari a quelle per l’assassionio volontario. Recentemente ci furono alcuni raggiri ai danni di anziani, e un deputato presentò un disegno di legge che prevedeva il reato specifico di truffa ai danni degli ultrasessantacinquenni.

Stavolta Travaglio protesta perchè quelli del Pd, in combutta con Forza Italia - il solito potentissimo «Nazareno» che gli ingenui credono sciolto nel 2015, ma i veri politologi sanno che ancora esiste e governa, seppur clandestinamente, un po’ come la Spectre - hanno reso impossibile l’arresto di una persona ( in questo caso lo stupratore africano) che in passato ha ricevuto varie denunce. Come ha fatto il Pd ad evitare l’arresto? Con la scusa banale che questa persona non aveva subìto alcuna condanna.

Travaglio si sbaglia, su questo: non è stato il Pd alleato con Berlusconi a impedire che siano messe in prigione persone che non hanno subìto una condanna. È stato Beccaria. E poi i nostri padri costituenti, guidati da Calamandrei e De Gasperi, gli sono andati appresso come allocchi.

Comunque, ognuno fa polemica giornalistica come gli pare più opportuno. Prendere dei casi di stupro - reato odioso, e che indigna, e che tuttavia non è particolarmente raro: si calcola che ogni anno ci siano in Italia tra i 1000 e i 10.000 stupri, cioè fra i 3 e i 30 al giorno, dei quali solo una parte infinitamente piccola finisce sui giornali e in politica - e usarli per una campagna giustizialista è cosa discutibile - sul piano intellettuale - ma certamente lecita. Quello che però non si capisce bene è cosa c’entri tutto ciò con il problema della carcerazione preventiva e della prescrizione, e cioè con le due questioni che sono al centro dell’articolo di Travaglio.

La prescrizione non riguarda nessuno dei casi di stupro dei quali parlano Travaglio e Salvini. La carcerazione preventiva, che secondo Travaglio sarebbe stata cancellata dopo il 1992 per evitare l’arresto della “casta”, in realtà esiste ancora ed è piuttosto consistente. Non so se lo sanno Ardita& Davigo - i due magistrati che il direttore del Fatto anche in questo ultimo articolo, come sua abitudine, cita come si cita il Vangelo ma un terzo delle persone attualmente in prigione sono in attesa di giudizio. Cioè sono in custodia cautelare. Tra loro ci sono diecimila detenuti che non hanno ancora subìto neppure il processo di primo grado. Di queste quasi 20 mila persone, secondo le statistiche, la metà alla fine otterrà l’assoluzione e dunque avrà scontato mesi, o anni di carcere ingiustamente. Possibile che di fronte a queste cifre si possa sostenere che il problema in Italia è l’uso scarso della carcerazione preventiva, e si rafforzi questa denuncia appellandosi all’indignazione per uno stupro?

“E’ la stampa, bellezza - diceva Humphrey Bogart - e tu non puoi farci niente”. È vero. Però è una cosa un po’ triste.