«Con Marine Le Pen c’è sempre stata stima e rispetto reciproco. Su temi come il contrasto all’immigrazione irregolare, ci sono naturali punti in comune tra noi come tra molte altre forze della destra e del centrodestra europeo». Anche ieri, interpellata sullo scenario politico che si delineerà in Europa dopo la tornata elettorale di questo weekend, la presidente del Consiglio ha fatto appello - citando chi è entrato ormai in pianta stabile nel Pantheon della destra - decisamente più all'ottimismo della volontà che al pessimismo della ragione. A lasciar pensare che le cose saranno tutt'altro che facili, ci sono le dichiarazioni proprio della leader di Rassemblement National che, al pari della nostra premier, nel suo rush finale di campagna elettorale sta intensificando il pressing sui temi legati all'immigrazione illegale. Il fatto, però, è che da un parte ci sono le dichiarazioni di mutua stima e vicinanza politica, dall'altro delle politiche che difficilmente non potranno entrare in conflitto tra loro. Questa è stata l'eurolegislatura passata alla cronaca - tra le altre cose - per l'ostruzionismo dei leader continentali conservatori sul meccanismo di redistribuzione dei migranti, che di fatto ha posto in netta contrapposizione il nostro paese con l'Ungheria di Orban e la Polonia pre- Tusk.

A Bruxelles, poi, quando è venuto il momento di mettere nero su bianco l'accordo di revisione del regolamento di Dublino con delle nuove norme che sgravassero parzialmente i paesi di prima accoglienza (cioè l'Italia), la posizione di Viktor Orban e delle cancellerie a lui politicamente affini, con la contestazione intransigente anche del principio in base al quale la ricollocazione può essere sostituita dal pagamento di una sorta di cauzione pro- migrante, è apparsa intrattabile. Non solo: in quel frangente si è visto come anche all'interno dello stesso centrodestra italiano l'incombere della campagna elettorale avesse portato la Lega di Matteo Salvini a incalzare da destra Giorgia Meloni - che aveva presentato il nuovo regolamento come una sua vittoria - votando contro alcune parti. Ebbene, ci sono degli elementi che verosimilmente renderanno la situazione ancora più complicata per Palazzo Chigi, a partire da quelli di natura aritmetica: tutti si attendono un incremento della pattuglia sovranista a Strasburgo, e in effetti sarà così. Basti pensare al partito della nostra premier, presente attualmente con la percentuale del 2019 (6,4 per cento) che sarà almeno quadruplicata. Poi ci saranno i nuovi arrivi dal Portogallo con Chega, partito dell'astro nascente André Ventura (che andrà a riempire le file di Id con Salvini e Le Pen), ovviamente Fidesz del premier ungherese (in trattativa con Meloni per aderire a Ecr), la destra olandese (ora di governo) di Geert Wilders e infine gli esponenti lepenisti guidati dall'enfant prodige Jordan Bardella, dati in sensibile aumento.

Si parlava di frasi di circostanza di Giorgia Meloni, la quale non può che rallegrarsi in pubblico del fatto che il blocco sovranista sarà più nutrito. In cuor suo, però, sa benissimo che la marcia di avvicinamento al potere nei rispettivi paesi dei partiti “fratelli” renderà ancor più difficile una soluzione condivisa sui flussi illegali. Marine Le Pen ha già chiesto a Emmanuel Macron di fare ricorso alla Corte di Giustizia Ue sul Patto per i richiedenti asilo appena votato, cosa che certamente non ha fatto piacere alla nostra permier. Ed è lecito pensare che le cose non miglioreranno, se nel corso della legislatura la leader di Rn dovesse approdare all'Eliseo: come prima cosa, bisognerebbe mettere in conto il ricorso alla Corte di Giustizia oggi solo ipotizzato, ma questo sarebbe solo uno dei problemi. Ecco perché l'unica strada percorribile è quella degli accordi bilaterali come quello con la Tunisia del controverso Kais Saied, nel quadro di iniziative diplomatiche di respiro vasto come il piano Mattei, oppure accordi come quello albanese, che come abbiamo visto presentano profili aleatori oltre che rischiosi dal punto di vista del ritorno mediatico e non sono convenienti dal punto di vista economico, a dispetto delle cifre snocciolate dalla premier nella sua visita di mercoledì scorso. Senza disdegnare gesti di impatto poco più che simbolico, come l'esposto alla Procura nazionale antimafia sulle infiltrazione della criminalità organizzata anche nei flussi regolari di migranti.