«Qui ci sono il generale e il capitano, ma voi siete la fanteria». E poi la decima, il “presente!”, “alea iacta est”, la casa, la pace, Marine Le Pen e Mattarella. C’è di tutto nel comizio di chiusura della campagna elettorale della Lega a Roma, in una piazza Santi Apostoli lontano dall’essere piena.

A un’ora dall’inizio ci sono poche decine di persone. «Siamo entrati in Europa con la speranza che diminuisse la burocrazia e Dio solo sa come è andata a finire», dice Ubaldo, circolo Lega di Camaiore-Viareggio venuto per ascoltare sia Salvini sia Vannacci, «che tra l’altro è mio conterraneo». Poco più in là una signora si lamenta dei giornalisti che «scrivono sempre quello che vogliono», mentre la playlist spazia da Gino Paoli ai The Kolors, da Loretta Goggi con l’intramontabile maledetta primavera all’ormai immancabile La noia di Angelina Mango.

Si punta tanto sulla “pace”, tant’è che la parola, a caratteri cubitali, è scritta anche sul pannello che sostiene il palco. In piazza sfilano pezzi da novanta della Lega, c’è il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli e il sottosegretario all’Economia Federico Freni. E c’è Claudio Durigon, “gran ciambellano” della serata che di voti in Lazio ne ha sempre portati a valanghe. Nessuno voterà Vannacci, almeno tra questi. «La decima? Io farò una bella croce cristiana e voterò mia moglie», si smarca Calderoli, che poi spiega che la Lega deve «riportare a casa i voti del 2019 persi alle Politiche del 2022». Vannacci? «Il fatto che si candidi come indipendente è indicativo», sussurra lasciando intendere che insomma se non è iscritto alla Lega un motivo ci sarà. Non lo voterà nemmeno Durigon, che spiega di avere «almeno quindici carissimi amici candidati» e che quindi sceglierà «nella cabina». Quello per il generale è «un voto particolare che attrae una platea che può farci comodo», dice l’ex sottosegretario al Lavoro.

Dal palco risuona Generale di De Gregori, e chissà cosa ne pensa “Il Principe”. Ci sono i giovani con le bandiere di Identità e democrazia e quelli della Lega di Roma, con un bell’Alberto da Giussano con l’effige SPQR (se lo sapesse Bossi…). Gli stessi ragazzi appendono uno striscione. C’è una ragazza col burqa dal quale si vede un occhio pestato. A fianco la scritta “Picchiare tua moglie non è integrazione, per chi lo fa fuori dalla nostra nazione”.

Ai banchetti si vendono gadget, cappelli con lo slogan «Meno Europa, Più Italia», lo stesso che da giorni si vede nella bacheca del leader del Carroccio (quello di ieri paragonava la testata di Zidane a Materazzi alla vittoria del Mundial ’82). Ma ci sono anche adesivi, braccialetti e le magliette con la scritta “padroni a casa nostra”.

Ci sono decine di persone con la t-shirt «Metti una decima» e la foto di Vannacci. Che, dice qualcuno, punta a un milione di preferenze. Un banchetto vende Controvento, l’ultimo libro di Salvini, e Il coraggio vince, ultima fatica letteraria del Generale, uno accanto all’altro. Risultato? «Vendiamo più il secondo», ci confida l’addetto alle vendite.

Poco prima dell’inizio Salvini si affaccia sul palco, saluta ma la piazza è ancora mezza vuota. Poi Vannacci si avvicina ai cronisti, dice che «Stoltenberg deve stare attento a quello che dice perché la Nato non ha autorizzato l’uso di armi in territorio russo» e spiega che «la guerra è sempre morte e distruzione e oggi la soluzione può essere solo la pace».

Dietro al palco s’intravedono Antonio Angelucci e Francesco Storace, il ministro Giuseppe Valditara e Simonetta Matone. Sale Vannacci, e scatta l’ovazione. «Siamo meno liberi perché le nostre città non sono sicure e abbiamo paura di essere aggrediti e molestati - esordisce il generale - ci hanno detto che saremmo morti tutti a causa dei cambiamenti climatici: oggi il cielo è azzurro, grazie a Dio». Poi ricorda lo sbarco in Normandia. «Questi giovani coraggiosi hanno cambiato l’Europa e oggi i nostri giovani avranno l’opportunità di cambiarla di nuovo». Poi dice che «dobbiamo promuovere ed esaltare le differenze ma anche difendere i nostri confini, che servono a dividere le patrie» perché «la società globalista vorrebbe che diventassimo tutti migranti». Invita i giovani a visitare il sacrario di Redipuglia, «dove 100.000 nonni gridano ancora “presente!”», poi spiega che “alea iacta est” e invita a fare «una bella decima sul simbolo della Lega e scrivere Vannacci».

A chiudere c’è il leader, Matteo Salvini, che dà dei «conigli» a chi deciderà di astenersi, mischia la «pace» con la «casa», insiste sulla necessità di impedire «che le armi italiane colpiscano la Russia». Tocca tutti gli slogan di questa campagna elettorale, se la prende «con chi vuole venderci le auto elettriche cinesi e vuole che spendiamo 50mila euro per fare la casa green», poi si augura ironicamente «che Schlein rimanga alla guida del Pd ancora a lungo». Ultimi appelli al voto, poi parte di nuovo Generale. Ma dietro la collina, o meglio in piazza, «non c’è più nessuno».