I VENTI DI CRISI SU PALAZZO CHIGI

La notizia del giorno arriva a tarda sera, nel bel mezzo di uno dei Consigli dei ministri più delicati dell’anno: la ministra dell’interno Lamorgese è positiva al Covid. Risultato: Cdm interrotto e i ministri Di Maio e Bonafede in autoisolamento. Per il resto la giornata politica è andata avanti in uno stato di fibrillazione permanente. Dei quindici mesi ormai trascorsi dalla nascita del governo giallorosso, lo stallo di queste ore prima del voto di domani sulla riforma del Mes è uno dei punti di più alta tensione tra le forze di maggioranza. Non tanto per una questione di voti, perché il Movimento 5 stelle giura che il suo appoggio al governo sarà compatto, quanto per una questione politica. Anche in caso di tenuta, più che probabile, del governo e il conseguente avallo del Parlamento alla riforma del Mes, la mancanza di qualche decina di voti nella compagine pentastellata aprirebbe una crisi con la quale per primo dovrà fare i conti il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Da un lato, il problema sembra essere tutto interno ai grillini, con i più vicini all’ex capo politico e ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che si chiudono a riccio attorno all’inquilino di palazzo Chigi, con un’esortazione verso i più «indisciplinati» che suona molto simile a un «se cade lui, cadiamo tutti». Dall’altra, però, anche le altre forze di maggioranza, dal Partito democratico a Italia Viva, passando per Liberi e Uguali, fanno sentire la propria voce in vista del confronto in Aula. Se il Pd ha tentato di scongiurare negli scorsi giorni una caduta dell’esecutivo, per bocca del ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola, e del capogruppo a Montecitorio, Graziano Delrio, il leader di Iv, Matteo Renzi, ha messo nero su bianco che nel caso in cui la maggioranza dovesse andare sotto in Senato Conte dovrebbe dimettersi.

Compatta, al momento, l’opposizione, con Silvio Berlusconi fermo sulle sue posizioni, contrarie a questa riforma del Mes. Dai palazzi di Forza Italia si continua a cercare di staccare l’uso di 37 miliardi del fondo salva Stati alla riforma in ambito di Eurogruppo, verso la quale gli azzurri avevano espresso parere sfavorevole già dal 2019.

Ma c’è un altro argomento che agita la maggioranza e che terrà impegnati i tavoli delle trattative ancora per diverse settimane, forse mesi. Perché la posta in gioco è la strate- gia per l’utilizzo delle risorse in arrivo dal Recovery Plan, al quale l’Unione europea spera di dare il via libera durante il Consiglio eu- ropeo di giovedì e venerdì, superando con un compromesso il veto posto da Ungheria e Polonia al bilancio comunitario 2021- 2027. La cabina di regia illustrata dal presidente del Consiglio negli scorsi giorni, che prevede il coordinamento di Conte con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, e con il ministro Amendola, non va proprio giù a Italia Viva. Ai tre esponenti del governo si aggiungeranno poi sei manager ( i nomi sono ancora ignoti) a capo di una task force di alcune centinaia di persone. Italia Viva ritiene che un meccanismo del genere possa finire per sminuire il lavoro dei ministri, e ha espresso il suo disappunto con le parole della ministra per l’Agricoltura e capodelegazione del partito al governo, Teresa Bellanova. «Non votiamo al buio», ha detto l’esponente pugliese entrando ieri in Consiglio dei ministri. Una riunione che era prevista per la mattina, poi rinviata al pomeriggio e più volte sospesa. Una riunione lunga, tesa, che ha messo in evidenza le contraddizioni in seno all’esecutivo con Iv che ha continuato a mantenere la propria posizione.

“Chiediamo da luglio un piano puntuale - ha detto Luciano Nobili, deputato renziano - siamo arrivati a pochi giorni senza niente di concreto, per poi ricevere da Conte la decisione sulla task force”. Intanto emerge una bozza degli interventi finanziati con il Recovery Plan, che ammontano a a 196 miliardi di euro, divisi in sei macro aree. La maggior parte di essi, 74 miliardi e 300 milioni, saranno destinati al “Green”, mentre 48 miliardi e 700 milioni saranno investiti in “innovazione e digitalizzazione”. Spazio anche alla mobilità sostenibile, con 27 miliardi e 700 milioni, al capitolo “istruzione e ricerca”, con 19 miliardi e 200 milioni, e alla parità di genere, con 17 miliardi e 100 milioni. Per la sanità prevista una spesa di nove miliardi. Ma l’accordo è ancora lontano, tanto che, se Conte definisce il Recovery “un piano coraggioso per uscire dalla crisi”, Bellanova definisce la bozza “opaca e incostituzionale”. La settimana più lunga del governo giallorosso è soltanto all’inizio.