IL COORDINATORE DI FI STEMPERA I TONI MA RIBADISCE LE RAGIONI AZZURRE

«Sosteniamo al 100 per cento il governo Draghi». Prima di esporre il punto di vista di Forza Italia, il coordinatore nazionale azzurro Antonio Tajani fa una premessa distensiva. «In Parlamento abbiamo soltanto proseguito battaglie storiche del nostro partito sulla difesa della casa, sul contante e sulla giustizia», spiega al Dubbio Tajani. «Non si è certo trattato di votare la fiducia all’esecutivo, ma abbiamo soltanto provato a migliorare i testi legislativi in discussione governo», aggiunge. «Abbiamo detto e lo sosteniamo ancora che Mario Draghi è il miglior presidente possibile, è unico in grado tenere insieme una maggioranza eterogenea, ma certo non possiamo accettare proposte che provengono dalla sinistra e lo diciamo con grande lealtà. Certo non possiamo pensare che la tenuta del governo possa dipendere dalla riforma di una comma della legge di riforma sul catasto».

Si prova a buttare acqua sul fuoco che negli scorsi giorni è divampato dentro Forza Italia dopo l’assalto al governo Draghi, fallito per un soffio, in occasione del voto sull’emendamento soppressivo della legge delega, inerente la riforma del catasto.

Il tema in realtà agita l’intera maggioranza e i partiti del centrodestra al completo, ma dentro gli azzurri sembra avere provocato una vera e propria trasformazione, considerando che Forza Italia era stato il partito più “draghista” della coalizione, almeno fino a qualche tempo fa. Tanto che più di qualcuno, all’interno del partito guidato da Silvio Berlusconi, compreso il ministro per la Pa Renato Brunetta, non ha mancato di esternare il proprio disappunto per le ultime decisioni d’Aula prese dalle delegazioni azzurre. Lo stesso Mario Draghi ha tentato approcci telefonici con i big forzisti più riottosi, vedi Maurizio Gasparri, per capire in quali acque dovrà navigare il proprio esecutivo vista anche la difficoltà estrema dell’attuale congiuntura, scossa dallo scoppio della guerra in Ucraina.

Il coordinatore degli azzurri Antonio Tajani prova così a dettare la linea e a smorzare i toni dello scontro ribadendo la fiducia del partito a sostegno del governo guidato da Mario Draghi. L’ordine di scuderia è stato prontamente recepito dalle truppe filogovernative che non vogliono scossoni e puntano a mantenere saldo l’asse del governo fino alla fine della legislatura.

La senatrice Fulvia Caligiuri, ad esempio, conferma il pieno sostegno all’esecutivo. «Facciamo pienamente parte della coalizione di governo - dice - e Draghi gode della nostra piena fiducia». Sicuramente però, specifica la senatrice, «esistono tematiche che, come partito, non possiamo trascurare, una su tutte è quella relativa alla riforma del catasto, ma penso anche alla giustizia». Sulla possibilità di una fine anticipata della legislatura, Caligiuri si esprime in modo categorico: «Vista la crisi internazionale in atto sono totalmente da escludere dubbi sulla tenuta del governo. Non abbiamo bisogno di motivi ulteriore di tensione, ma di massimo senso di responsabilità».

Eppure anche ieri alla Camera si è registrato l’ennesimo distinguo all’interno della maggioranza. Alla Commissione Affari Istituzionali della Camera è stato bocciato l’emendamento presentato da Fdi per consentire l’elezione diretta del Capo dello Stato, ma a favore della norma si sono espressi non solo i rappresentanti del partito di Giorgia Meloni, ma anche i gruppi di Lega e Fi. Quasi a sottolineare la necessità di smarcarsi da un governo che sembra essere sempre più trainato dal Pd.

Sullo sfondo, ovviamente, ci sono le grandi manovre in vista delle prossime elezioni politiche che, per qualcuno dentro gli azzurri, potrebbero arrivare anche prima della scadenza naturale della legislatura.

Il ragionamento di qualche esponente azzurro è legato all’esito degli sviluppi della guerra in Ucraina. Se il conflitto, come tutti si augurano, dovesse arrivare a conclusione in tempi piuttosto rapiti, il governo Draghi potrebbe ballare molto di più già a settembre. Un’ipotesi che aggiunge panico al panico già presente in vista della scadenza naturale. La truppa dei parlamentari forzisti sarà più che dimezzata alle prossime elezioni sia per l’inevitabile effetto della riduzione degli scranni disponibili, sia per l’effetto degli attuali sondaggi se dovessero trovare conferma nelle urne.

E, così, alle difficoltà di gestione amplificate dallo stato di incertezza internazionale, si sommano le manovre in Aula con tantissimi dei parlamentari che sono in cerca delle modalità con le quali centrare una rielezione. Silvio Berlusconi prova tenere le fila della situazione, ma il suo telefono è bollente come non mai, seppure le soluzioni a sua disposizione non siano tantissime per potere accontentare le varie fazioni di suoi. Il Cavaliere, poi, in questo momento ha necessità di mantenere un profilo basso per evitare qualche “salvinata” in relazione ai suoi pregressi rapporti con Putin. Insomma il rischio che, durante le prossime settimane, dentro i gruppi di Fi si possa assistere ad un ulteriore fenomeno di balcanizzazione è assai concreto.