La linea dettata ieri da Berlusconi al telefono con i suoi è: “Opposizione”. Non voterà la fiducia, quindi, come era scritto nella nota diramata da Arcore mercoledì sera. E nessuna “astensione benevola”, come Giovanni Toti aveva detto. A questo punto Fi sembra andare verso il no. «L’astensione poteva esserci su un premier leghista come ad esempio Giancarlo Giorgetti, ma non mi pare proprio che i leghisti avranno un premier», spiega a Il Dubbio un colonnello azzurro. E impossibile astenersi anche sulla figura di un tecnico, ritenuto vicino ai Cinque Stelle. Berlusconi ieri le uniche parole che ha detto in pubblico, intercettato a una mostra d’antiquariato a Milano, sono state un diplomatico: «Vediamo come va». Così come diplomatico è stato su Salvini. Alla domanda se consideri il suo un tradimento il Cav risponde: «Assolutamente no». Ma sfogandosi con l’antiquario avrebbe aggiunto: «Speriamo che quei due non vadano avanti, se no ci mettono anche la patrimoniale». Notizia questa poi smentita dallo staff.

Fonti azzurre di rango confermano invece che anche l’orientamento della figlia Marina, presidente di Mondadori e di Fininvest contro questo governo, e contro qualsiasi forma di “umiliazione” del padre, avrebbe un gran peso nella decisione di Berlusconi. Un peso di fronte al quale la pressione che continua a venire da parlamentari del Nord attratti dalle sirene leghiste scompare. E’ confermata quindi l’indiscrezione apparsa su Il Corriere della sera, anche perché Marina è colei, come scrisse Il Dubbio nei giorni successivi all’operazione al cuore del Cav, che ha preso davvero nel cuore di “Silvio” il posto che aveva la madre Rosa.

Intanto, però la trattativa tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio sembra incagliarsi. Per la prima volta dopo il loro ennesimo incontro nessuna nota congiunta. La difficoltà della trattativa è tale che in serata addirittura l’agenzia di stampa “LaPresse” ha detto che sarebbe circolato anche il nome di un premier come il cofondatore di Fi Antonio Tajani di fronte al quale i Cinque Stelle hanno ovviamente storto il naso. Ipotesi che però cambierebbe l’intero scenario perché a quel punto sarebbe come dire: anche Berlusconi dentro. Da Forza Italia intanto si levano voci inequivocabili come quella del senatore Maurizio Gasparri, fedelissimo del Cav, da sem- pre. Gasparri è il più chiaro di tutti: «La parola astensione benevola è un errore lessicale che dà l’impressione di una arrendevolezza che noi del centrodestra non avremo. Sono a favore della decisione di votare contro la fiducia». Come lui sembra pensarla l’ex capogruppo Renato Brunetta il quale mette in guardia: «Il governo Lega- M5s è visto come poco affidabile dagli investitori esteri». E che quella di Fi «non sarà un’opposizione benevola» lo dice l’ex capogruppo azzurro al Senato Paolo Romani. Parole di netta distanza da un esecutivo giallo- verde da parte della presidente dei senatori forzisti Annamaria Bernini: «Se questo governo nasce, non ci appartiene». Anche se, come dice la sua omologa alla Camera Mariastella Gelmini quella di Fi «come sempre sarà un’opposizione responsabile, ma senza sconti per nessuno». Quindi, neppure per la Lega. Insomma, non sembra tirare proprio una bella aria per l’esecutivo grillino- leghista dalle parti di Arcore e dentro Fi. Anche se certamente, come ribadisce la senatrice Licia Ronzulli in prima fila nello staff di Arcore, «Forza Italia valuterà provvedimento per provvedimento», perché è ovvio che se si tratterà di cose previste nel programma di centrodestra voterà a favore. Cosa che era già scritta nella nota con la quale il Cav sere fa dava il via all’esecutivo ma solo tirando- sene da subito fuori. «Cosa che ha evitato una crisi istituzionale», fa notare Mara Carfagna ( Fi), vicepresidente della Camera. E cosa che ha evitato innanzitutto le elezioni a luglio, come fa notare il presidente del parlamento europeo e cofondatore di Fi Antonio Tajani. Che ha parole nette: «Forza Italia non sostiene questo governo». L’ex candidato premier di Fi alle elezioni poi precisa: «il cosiddetto lasciapassare del presidente Berlusconi significa soltanto che se lo vogliono fare, facciamo un governo, altrimenti l’Italia sarebbe dovuta andare ad elezioni anticipate il 22 di luglio». Poi un affondo: «Sull’Europa abbiamo posizioni evidentemente diverse». Quindi, “mani libere”, come dice il forzista ex presidente del Senato Renato Schifani. E le mani di Fi saranno ancora più libere al Senato se Fratelli d’Italia in quell’esecutivo con entrerà. Se così fosse il governo giallo- verde avrebbe un margine di soli 6 voti in più. Se FdI si aggiungesse con i suoi 18 senatori avrebbe invece 24 voti in più. Giorgia Meloni ha messo paletti imprescindibili, a cominciare dal nome del premier, che deve essere di centrodestra. Ma deciderà lunedì. Intanto iniziano a girare gossip come un ministero della Difesa per FdI. Ma anche nel partito di Meloni ci sarebbe un acceso dibattito. E ora, come osserva Gasparri con Il Dubbio: «Salvini si trova da solo a trattare con i pentastellati e a cercare di tenere una linea coerente con le posizioni del centrodestra, e del programma che abbiamo scritto unitariamente». E se alla fine la Lega, stretta a tenaglia tra i grillini e le pressioni del Quirinale per tecnici che diano maggiori credenziali in Europa, puntasse davvero a far digerire ai Cinque Stelle un premier come Tajani? Sembra fantapolitica. Ma siamo forse già nella fantapolitica.