Cosa avrà in mente la neo ministra della Giustizia Marta Cartabia quando parla di impegno ad affrontare il nodo della prescrizione all’interno della riforma complessiva del processo penale? È questa la domanda che alcuni grillini cominciano a porsi mentre il partito perde pezzi, smatellato a colpi di scomuniche ed espulsioni. Non è il momento di mettere altra carne al fuoco, dopo l’allontanamento dei ribelli, indisponibili ad abbracciare con entusiasmo la svolta “draghiana” voluta fortemente da Beppe Grillo. La giustizia è il core business del Movimento 5 Stelle e la riforma della prescrizione è l’applicazione pratica di una visione secca sintetizzabile in due slogan: «Al primo dubbio, nessun dubbio», come amava ripetere Gianroberto Casaleggio, e «sei innocente non finisci in carcere», per citare l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Ed è su questa nettezza senza sfumature, sul sospetto metro di purezza, che i grillini hanno conquistato il cuore, e la pancia, di milioni di elettori.

E chiedere ai grillini un’abiura pure sulla prescrizione sarebbe troppo. Soprattutto perché i fuoriusciti hanno già iniziato bombardare il quartier generale pentastellato con accuse di “tradimento” ai valori fondanti: giustizia in primis. Il vocabolario retorico di un’intera vita politica scagliato addosso ai vertici 5S, ormai diventati responsabili. Un esempio? Le parole utilizzate da Andrea Vallascas, deputato espulso per l’insubordinazione a Draghi, che nel commentare la sua lettera di “licenziamento” dal Movimento risponde così a Vito Crimi: «La mia coscienza, il mio Paese, verranno sempre prima di un diktat politico partorito per ragioni di puro calcolo da persone con la sensibilità istituzionale del nostro CapoRale Politico, che non si scompone di sedersi gomito a gomito con gli eredi politici di Dell’Utri ma poi si mette in cattedra e darci lezioni di etica e coerenza». Quelle di Vallascas non sono semplicemente parole dettate dalla rabbia e dalla delusione, contengono l’intero immaginario politico del grillismo, formato da due squadre contrapposte: onesti e disonesti. E basta solo citare la nuova alleanza di governo con Forza Italia - o un suo storico esponente - per ascrivere Crimi e compagni all’altra squadra, quella dei conniventi, nella logica dei dissidenti ( «al primo dubbio, nessun dubbio» ).

La prescrizione diventa di conseguenza l’ultima trincea da cui non schiodare per il M5S, per evitare che l’intera struttura crolli. I grillini si aggrappano così alla parte rassicurante del discorso di Cartabia, a quella non urgenza di metter mano alla riforma Bonafede per dedicarsi alla riforma più ampia del processo penale. Guadagnare tempo prezioso prima di possibili ritocchi alla prescrizione e procedere spediti all’epurazione del dissenso senza tentennamenti. È questa l’esigenza immediata. Sono già 36 - 15 senatori e 21 deputati - i parlamentari messi alla porta. E pazienza se, con questi numeri, i dissidenti potranno creare un Gruppo in entrambe le Camere, Grillo non vuole avere più niente a che fare col passato. Passato da cui proviene anche il simbolo che probabilmente verrà messo a disposizione degli epurati per aver diritto a una rapprsentanza organizzata Parlamento: l’Italia dei valori, l’antenato del Movimento 5 Stelle. Buona parte dell’armamentario sull’onestà, infatti, proviene proprio dal partito fondato dall’ex pm di Mani pulite, che adesso potrebbe essere rianimato. Per questo gli espulsi rivendicano la loro fedeltà allo spirito originario contro la deriva governista. Un’argomentazione che non lascia indifferenti alcuni esponenti di peso del M5S, come Paola Taverna, critica con l’operazione Draghi ma non al punto di uscire dai ranghi, che spera ancora in un “reintegro” dei ribelli. «Ricordo che tanti colleghi che hanno votato in dissenso sono parte fondamentale del Movimento, oltre che amici fraterni e compagni di tante battaglie. Serve unità adesso, perché proprio in questo momento comincia la nostra più grande partita», scrive su Facebook la vice presidente romana del Senato. Persino il collegio dei probiviri, l’orgnismo che dovrebbe certificare il cartellino rosso per la “fronda”, si spacca, con una compnente su tre, Raffaella Andreola, che chiede la sospensione dei provvedimenti.

Perché tra le “pedine” sacrificate figurano anche personaggi chiave della storia pentastellata: l’ex ministra per il Sud Barbara Lezzi e, soprattutto il presidente della commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra. Molti eletti temono che buttare fuori esponenti di quel calibro significa esporre il partito al fuoco martellante di Alessandro Di Battista, che oggi ha convocato militanti e simpatizzati per una diretta su Istagram alle sei del pomeriggio. Anche per questo, tenere il punto sulla prescrizione non sarà solo questione politica, ma di sopravvivenza.