«Anche gli orologi rotti due volte al giorno segnano l'ora giusta»: a denti stretti persino Giovanni Paglia, vicesegretario del partito più a sinistra che ci sia in Parlamento, Sinistra italiana, ammette di concordare con la mossa a sorpresa del governo: la tassazione del 40% degli extraprofitti delle banche che ha spiazzato un po' tutti e soprattutto l'opposizione. Le sole voci critiche vengono da Terzo Polo, che per una volta parla con la stessa voce, calendiani e renziani intonano lo stesso motivo, bersagliano la scelta del governo perché, sostiene Calenda, «stabilisce un precedente molto pericoloso» in quanto, spiega l'economista di Iv Marattin, «si fa passare il principio che quando il governo decide che un settore sta facendo un po' troppi utili per i suoi gusti allora lo tassa ferocemente». Quello dei terzopolisti è un grido nel deserto. La sponda su cui in teoria potrebbero contare nella maggioranza, quella Fi che un tempo solo a sentire la parola “tassa” reagiva come il toro col drappo rosso, ha già dato il semaforo verde: “Così ripariamo agli errori della Bce sui tassi”, sentenzia il nuovo regnante, Antonio Tajani.

Sul fronte più delicato per la destra, quello dei taxi, le cose sono più sfumate. Il governo ha accettato di cancellare in extremis la norma più invisa ai tassisti, quella che permetteva il cumulo delle licenze. Per una volta la protesta dei tassisti non era in questo caso tacciabile di rispondere solo a un interesse corporativo. L'esito temuto, cioè l'acquisto di una quantità di licenze da parte di aspiranti giganti e monopolisti nel settore, sarebbe di fatto inevitabile. In ogni caso l'aumento del 20% delle licenze nelle grandi città è un passo piccolo, certamente insufficiente ma era anche probabilmente il solo medo per affrontare la questione senza essere respinti subito dalla protesta dei tassisti come è successo a tutti gli esecutivi di destra o di sinistra che hanno provato a intervenire sul nodo delle licenze.

Per l'opposizione è anche impossibile criticare la norma sul caro volo e quella sulle intercettazioni. L'ampliamento delle fattispecie passibili di intercettazioni è stata certamente imposta dalla sentenza della Corte di Cassazione che aveva circoscritto la platea sulla quale si può indagare con gli strumenti consentiti delle indagini sul crimine organizzato ma va comunque in direzione diametralmente opposta a quella annunciata e promessa dal ministro Nordio.

Quello che colpisce, nella raffica di provvedimenti varati lunedì scorso, è la sostanziale omogeneità, non incrinata dalla eliminazione del tetto dei compensi per i supertecnici che dovranno occuparsi del Ponte sullo Stretto. Quella norma, non prova di giustificazioni ma comunque molto discutibile, avrebbe avuto tutt'altro impatto anche sull'opinione pubblica se non fossero stati esclusi dalla platea i componenti del cda.

Nella sostanza la premier, a fronte dell'offensiva del Pd e dei 5S sul salario minimo, deve essersi resa conto che la sua immagine “sociale” si stava sgretolando in seguito alle scelte sin qui fatte, che di sociale avevano ben poco. Ha deciso di sterzare e lo ha fatto dimostrando una innegabile capacità, sia per la mossa a sorpresa sia per la rilevanza della decisione sulla tassa per le banche. E' presumibile dunque che in autunno Elly Schlein e Giuseppe Conte si troveranno alle prese con una premier parzialmente diversa da quella che hanno conosciuto in questi mesi: “draghiana” sui conti pubblici ma anche decisa a rispolverare quella componente propria della destra sociale rimasta sin qui invisibile. E' possibile, forse probabile, che sulla scelta della premier abbia inciso anche la sfida dell'ex sindaco ed ex compagno di partito Gianni Alemanno, che sta preparando un ritorno in campo sventolando proprio le bandiere della destra sociale.

Per capire se è lecito parlare di nuovo corso, però, bisognerà aspettare venerdì, quando Meloni ha convocato le opposizioni proprio per discutere di salario minimo. La prova della verità sarà quella.