Nei commenti ufficiali di quasi tutti i politici, dopo la fumata bianca e l’ascesa di Leone XIV, campeggia qualche riferimento al suo predecessore. Ma nelle reazioni della sinistra si percepisce qualcosa in più di un doveroso omaggio e il sentimento già nostalgico non alberga solo nei leader. Basta aver scandagliato un po’ i social nelle ultime due settimane per sincerarsene. La sinistra si sente orfana. Ora guarda con speranza e trepidazione a Prevost chiedendosi se vorrà e potrà rivestire lo stesso ruolo squisitamente politico che la sinistra stessa aveva assegnato, non del tutto a torto ma neppure del tutto a ragione, a Papa Francesco. Nelle felicitazioni la spinta e l’auspicio a raccogliere per intero l’eredità senza modificare neppure di un millimetro il percorso è chiarissima. Però tutti sanno che la sognata fotocopia del pontificato di Bergoglio non è possibile e ciò spiega la trepidazione.

Non è un elemento di poco conto questa elezione del pontefice a guida politica che ha toccato con Bergoglio, molto più a sinistra che non a destra, vette mai raggiunte, anzi mai neppure sfiorate dalla stessa Democrazia cristiana nei suoi anni ruggenti. Indica una mutazione genetica nella sinistra e forse può contribuire a spiegare le radici della crisi nella quale continua a dibattersi ormai quasi da decenni.

Dietro le dichiarazioni retoriche e le parole alate, la politica è e è sempre stata soprattutto rappresentanza di interessi e per quanto riguarda la destra, non solo in Italia, continua a esserlo. O almeno a proporsi come tale. La sinistra, per quasi tutto il Novecento e da ancora prima, incarnava quella rappresentanza di interessi materiali più apertamente ed esplicitamente di tutti. In tutta la sua parabola il Pci non ha mai dimenticato di essere prima di tutto “il partito della classe operaia”, neppure quando brandiva il vessillo dell'interesse generale o imperniava la sua strategia sociale e politica sulla necessità di cercare un’alleanza con i ceti medi. L’interesse generale andava messo al primo posto perché, in prospettiva strategica, coincideva con l'interesse della classe operaia. L’alleanza con i ceti medi era fondamentale perché altrimenti a essere sconfitto sarebbe stato anche l'interesse della classe operaia.

Il papato, per sua natura, non può mai proporsi e non può mai essere portatore di interessi specifici. Anche quando si pone come difensore “degli ultimi” lo fa in nome di valori morali ed etici universali. Finisce così per rappresentare un punto di riferimento per una sinistra che è sempre più slittata, nel corso degli ultimi decenni, dalla rappresentanza di interessi sociali a quella esclusiva di principi etici. A quei valori Papa Francesco, con la sua indiscussa autorità morale, offriva una sorta di sacralizzazione. Si può capire perché proprio la sinistra, inclusa la sua vasta componente laica, si sia sentita più orfana di tutti dopo la scomparsa di Bergoglio. Si può capire perché preghi oggi perché Prevost si riveli a propria volta il primo difensore di quei valori.

Nelle schermaglie da talk show delle settimane di vacanza pontificia, molti esponenti della destra hanno insistito sulla distanza che c'era tra la sinistra e Francesco su alcuni punti specifici, in particolare il rifiuto e la denuncia dell'aborto. Ma quella era in realtà una contraddizione minore e tutto sommato poco incisiva.

Il punto realmente critico è che la trasformazione in polo d'opinione e di valori della sinistra ha reciso ogni suo radicamento sociale, privandolo così non solo di una parte essenziale dell'appeal elettorale ma anche di una possibile identità reale. È vero per il Pd più che per il M5S. Il Movimento era nato come esclusivamente “d'opinione” ma la barca costruita con quel materiale è affondata con la stessa rapidità con la quale si era imposta. Conte ha salvato il M5S proprio trasformandolo anche e soprattutto in partito del Sud. Se resterà “il partito del papa”, dimenticando che la politica è fatta sia di valori che di rappresentanza sociale la sinistra, che vinca o perda le elezioni di turno, resterà priva di senso, scopo e identità. Comunque perdente.