Giusto una stoccatina qua e là per non perdere l'abitudine: ultima in ordine di tempo quella repentinamente ritwittata del Comitato per il Sì: «C'è chi parla di trasparenza ma non la applica, e chi invece la inserisce nella Costituzione all'articolo 97». Per il resto, Matteo Renzi nei confronti dei Cinquestelle e della bufera che sta attraversando a Roma, ha scelto l'understatement. Silenziatore alle polemiche, nessun affondo critico, deciso rifiuto ad approfittare delle difficoltà che dal Campidoglio si irradiano su tutto il Movimento.Men che mai acceleratore pigiato sul politicamente più ghiotto dei bocconi: la riprova che il fallimento grillino nella Capitale taglia alla radice le possibili ambizioni di candidarsi come forza di governo. Insomma cautela, bon ton, fair play british anche nel salotto di Bruno Vespa. E non è un atteggiamento che contraddistingue solo il premier. Molte voci autorevoli del Pd si comportano alla stessa stregua e il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, arriva perfino a decretare che aiuterà Virginia Raggi: «Aiuteremo l'attuale amministrazione romana perché non è giusto che i problemi si scarichino sui cittadini». Certo, se poi M5S fosse un pochino «più umile», meglio ancora.Come mai, che succede? Renzi ha rinunciato ad incrociare le lame con Grillo? Non considera più i Cinquestelle antagonisti per il governo? Calma, un attimo. Ci sono alcuni elementi che possono fungere da spie per tentare di capire la piega che - almeno per il momento - ha preso la narrazione renziana.Il primo dato concerne un riflesso, diciamo così, "difensivo": a Roma si è consumata una vera e propria debàcle politica del Pd ed il ricordo è ancora fresco nella mente dei romani. Attaccare a testa bassa puntando a lucrare sulle difficoltà di altri ad appena settanta giorni dalla chiusura delle urne può rivelarsi controproducente. Il che conduce ad una osservazione più di fondo, già accennata su queste colonne nei giorni scorsi: il panorama politico italiano è attraversato da una faglia al momento non ricomponibile, in virtù della quale circa metà dell'elettorato diserta i seggi, e poco meno del 50 per cento dell'altra metà che ancora vota si indirizza verso forze dichiaratamente anti-sistema. Questo per dire che le problematicità romane sono allo stato ben lungi dal provocare un collasso di consensi dei Cinquestelle. E' bene andarci piano perciò: il sentimento "contro" è tuttora prevalente nella pancia degli elettori e potrebbe massicciamente riproporsi nella consultazione popolare referendaria.Se questo è vero, si spiega anche perché il capo del governo abbia messo la sordina alla parola d'ordine saciorinata alla grande dopo le amministrative, in base alla quale poiché il voto delle città è stato per il "cambiamento", nulla innova di più del referendum costituzionale. Di conseguenza non è surreale preventivare che settori non trascurabili di grillini e leghisti, oltre naturalmente ai berlusconiani, benchè ultra ostili al governo, possano nel segreto dell'urna votare Sì per non perdere l'occasione per finalmente aggiornare l'insopportabilmente vetusta architettura istituzionale italiana. Al contrario: proprio le difficoltà incontrate nella Capitale possono fare da collante e rinsaldare le fila pentastellate. Le quali, per dimostrare immutata forza e compattezza, come una falange si riverseranno ai seggi. Per votare No.Cosa rimane dunque? Mica poco. Per intenderci: rimane l'arma più cara al presidente del Consiglio, quella che maneggia meglio e che ha già dato enormi soddisfazioni alle Europee. Quella che, non dunque a caso, palazzo Chigi sta sciorinando alla grande nei talk e sui media. In sostanza si tratta del bis degli 80 euro stavolta con l'occhio rivolto alla categoria esclusa in prima battuta dal bonus: i pensionati. Potrebbe essere questa la motivazione per cui i fari mediatici del governo sono puntati da giorni sulla mensilità in più che si ritroverebbero in tasca i cittadini in quiescenza. Gli 80 euro la prima volta hanno provocato un semi-plebiscito per Renzi: perché non riprovarci?Senza dimenticare che proprio i pensionati (lo erano anche ferrovieri ed insegnanti: ma i tempi cambiano e la Buona scuola aiuta...) sono per antonomasia considerati l'esercito di riserva della sinistra. Con la sua mossa perciò il presidente del Consiglio non solo procede su binari conosciuti e consolidati ma ritrova anche almeno parziale sintonia con il "suo" popolo, quello che più di tutti negli ultimi mesi aveva contribuito a far pendere all'ingiù la lancetta dei sondaggi.Si tratta di una strategia che durerà? E, soprattutto, che funzionerà? Presto per dirlo. E' facile intuire che nel fuoco della campagna elettorale le posizioni si radicalizzeranno e il lanciafiamme polemico possa prendere il posto dei guanti da galateo. Ma al lavoro sui pensionati no: a quello Renzi non rinuncerà di sicuro. Anche se sulla strada è ben piazzato un macigno: la necessità di reperire adeguate (e al momento tutt'altro che certe) risorse finanziarie. Lì bisognerà puntare sulla flessibilità da parte della UE. Che però incontra altri e non meno corposi ostacoli. Ma è un altro discorso.