Il gladiatore ha perso vigore. Nell'arena politica ha ceduto il passo all'incertezza e all'incoerenza. Maurizio Marcello Claudio Pittella – più semplicemente Marcello -, già governatore della Regione Basilicata, veniva in passato accomunato al protagonista della pellicola di Ridley Scott. Altri tempi, altra storia, è il caso di dire.

L’epoca del potere incontrastato della famiglia Pittella di Lauria, borgo a Sud della Basilicata, sembra tramontata. Così come si sono dissolti i nobili ideali e valori del socialismo, da sempre abbracciati da chi ha dato il via alla tradizione di famiglia nell'agone politico. Il riferimento è a Domenico Pittella, detto "don Mimí", padre di Gianni e Marcello, medico venerato dai propri pazienti ed ex senatore socialista.

A queste latitudini la considerazione spesso si trasforma in venerazione e riconoscenza eterna con lusinghieri riscontri nelle campagne elettorali. Gianni Pittella (fratello di Marcello), per quasi vent'anni è stato al Parlamento europeo - nel suo curriculum anche la presidenza del gruppo dei Socialisti e democratici -, poi al Senato, attualmente è sindaco di Lauria. Inoltre, l'ex eurodeputato negli anni Ottanta del secolo scorso è stato il più giovane consigliere regionale d’Italia (aveva 22 anni quando con 5.300 voti entrò nel parlamentino lucano).

Destino identico per Marcello, abituato a mangiare pane e politica: sindaco, consigliere e assessore regionale, e, nel 2013, l'incoronazione a presidente della Basilicata. Una esperienza conclusasi in malo modo con gli arresti domiciliari nell'estate del 2018 per una inchiesta della procura di Matera sulla sanità. I processi, in primo e secondo grado, si concluderanno con l'assoluzione. Il gladiatore non si arrende. Nel marzo 2019 la rielezione in consiglio regionale e la fine del matrimonio con il Pd. Le strade di Marcello Pittella e dei dem si dividono definitivamente.

Un nuovo amore politico per l’ex presidente della Regione. Alle politiche del 2022 la candidatura al Senato nelle file di Azione, senza centrare l’obiettivo dell’elezione. Ma, si sa, la politica è un fuoco sacro che arde sempre per coltivare i sogni di gloria a Potenza e dintorni. Nelle ultime settimane, in vista delle Regionali del 21 e 22 aprile, il nome di Marcello Pittella ha riempito le pagine dei giornali locali e nazionali, mentre nel centrosinistra succedeva di tutto.

L'eventuale contesa della leadership con il re delle cooperative bianche, Angelo Chiorazzo, autocandidatosi alla guida della Basilicata con la spaccatura del Pd e del M5S, ha indotto ancora una volta Marcello Pittella a guardare altrove. Azione si è alleata con il centrodestra che ripropone alla guida della Basilicata l’uscente Vito Bardi di Forza Italia. Una scelta lacerante, sofferta, che mette in soffitta i nobili ideali del socialismo lucano ed europeo. A meno di colpi di scena, fra qualche giorno Marcello Pittella farà la campagna con i nuovi alleati di Forza Italia, Lega, FdI.

Il partito di Meloni ha sempre lanciato bordate ai metodi politici della famiglia di Lauria. Nelle ultime ore altre questioni tormentano Marcello. Senza alcuna delicatezza si è definito come un «ebreo» che per il Pd e il M5S deve «andare a morire». Un autogol clamoroso in cui ego ipertrofico e vittimismo hanno mandato a quel paese le basilari regole della comunicazione.

Infine, lo strappo familiare. Gianni Pittella è stato lapidario: «In verità pensavo fosse chiaro il mio pensiero e cioè che non mi riconosco nella scelta di Azione in Basilicata!». La scomunica nei confronti di Marcello è servita. Da gladiatore a Ivan Drago è stato un attimo.