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In attesa dell’intervento di Giorgia Meloni e dell’annuncio della presidente del Consiglio di una sua candidatura alle prossime Europee la mattinata della giornata finale della Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara ha visto protagonista Ignazio La Russa che ha subito sgombrato il campo da equivoci. Giorgia Meloni e altri leader «possono candidarsi alle Europee, l’importante è farlo con lealtà. Secondo me l’importante è la chiarezza, l’onestà intellettuale. Se dicesse: “votatemi che magari ci vado” sarebbe inaccettabile, se lei invece dice “il mio è un modo per testare il consenso nei confronti miei e del governo”, penso sia meglio di mille sondaggi. Se c’è lealtà, non per andare in Europa ma per portare
la testimonianza che ha una fetta molto grossa di italiani al seguito e contare di più, allora io dico “grazie Giorgia che ti candidi”».
Il presidente del Senato, intervistato da Bianca Berlinguer, com’è nel suo stile è stato molto diretto sui temi caldi del momento. A partire dall’ultima polemica che lo ha visto protagonista: quella del post dell’attore e regista Michele Riondino pubblicato il 25 aprile, che nel frattempo ha rigirato la foto di La Russa pubblicata a rovescio, aggiungendo un laconico: “Vediamo che effetto fa”. La Russa ha rivelato di aver ricevuto una telefonata del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per esprimere solidarietà dopo il post pubblicato su Facebook: «Gli ho detto: “Presidente non sono preoccupato, fossero questi i problemi, ma grazie del tuo meraviglioso pensiero, e di avermi espresso solidarietà. Grazie presidente Mattarella», ha spiegato.
E a proposito di 25 aprile la vicenda di Antonio Scurati è ritornata prepotentemente nell’intervista di La Russa: «Io personalmente» il monologo «lo avrei mandato in onda» sulla Rai «ma non gli avrei dato neanche una lira. Poi avrei detto, magari con un sottotitolo, “questo signore va in onda, sappiate però che per questo minuto e mezzo prende 1800 euro, sta parlando a fattura”». Aggiungendo: «Non voglio parlare di Scurati, già ha fa un sacco di soldi scrivendo di Mussolini. È un uomo illuminato, ora mi aspetto una sua trilogia su Stalin...». Una battuta alla quale Bianca Berlinguer ha ironizzato: «Ora volete la par condicio anche sulle trilogie...».
Ma La Russa aggiunge: «Non ho da pentirmi per aver tenuto in casa un busto di Mussolini, è una eredità di mio padre. Che dovevo fare? Cestinare un regalo di mio padre? L’ho dato a mia sorella. In casa ho anche Stalin, De Gasperi, un imperatore romano».
Inevitabile anche il pensiero di La Russa sulle esternazioni del generale Roberto Vannacci: «Le parole del generale Vannacci sulle classi per disabili? Buon per lui che non ha un bambino portatore di handicap, altrimenti capirebbe di aver detto una sciocchezza. Gli auguro di non avere figli, nipoti, parenti portatore di handicap. Ho già detto che non condivido le sue dichiarazioni, ma tra questo e criminalizzarlo c’è una differenza. Nè osannarlo nè demonizzarlo. Uno deve dire: “caro Vannacci, alcune cose che dici non mi piacciono”. E una che proprio non mi piace è questa: come fa un militare a contestare il proprio ministro della Difesa? Non appartiene alla logica dei militari. Per me questo è più grave di tutto il resto». E sulla sua candidatura? «Io non mi permetto di esprimere opinioni, ha diritto di candidarsi. Se lo si riconosce a Ilaria Salis, lo si riconosce anche a Vannacci. Il suo libro non l’ho letto tutto. Ho letto solo Scurati, il primo libro, gli altri due li ho cestinati».
Poi il presidente del Senato, che nella premessa del faccia a faccia si definisce «uomo di parte in una collocazione non di parte», ha affrontato i dossier politici. «Vedo un consenso ancora più forte del momento del voto, di quella che normalmente si chiama “luna di miele”. Credo che gli italiani abbiano compreso i risultati del lavoro di questo governo e il principale, quello che secondo me la sinistra non si aspettava, è accorgersi che dove Giorgia va all’estero riceve consensi, abbracci e approvazione». E continua: «In un anno avremmo dovuto rimettere a posto i danni che ci siamo ritrovati con anni di governi di sinistra? Non avevo mai sentito prima la sinistra interessarsi di quanto tempo ci vuole per un esame specialistico. Vedo che adesso lo fanno...».
E a proposito del ddl Autonomia differenziato, criticatissimo dalle opposizioni, dice: «L’autonomia non tocca la Costituzione, è una legge ordinaria. Confidiamo che sia un modo per riequilibrare il divario Nord-Sud. Sono cento anni che il Sud non riesce eliminare il gap con il Nord fino ad adesso tutti i tentativi sono falliti. Se finisce male avremmo fatto la metà dei danni che avete fatto voi».
Non manca di toccare anche l’argomento degli scontri nelle Università: «Spero che la tragedia si ripeta solo in farsa ma vedo segnali che non mi piacciono nelle Università, come la caccia all’ebreo e all’opposto politicamente considerato. C’è sempre qualcuno che ci prova ma sono ottimista perchè, e non fu così negli anni Settanta, da molte forze politiche anche della sinistra, e dal Presidente della Repubblica in primo luogo, viene un alt». «Ma - avverte - c’è un piccolo focolaio che potrebbe diventare un incendio, fermiamolo».
E alla fine di un botta e risposta sul filo della memoria e della forza di un nome così evocativo, la sala della Conferenza programmatica di FdI ha tributa a Enrico Berlinguer una vera e propria standing ovation. Gesto che Ignazio La
Russa lega a un momento “fondante” della storia della destra italiana: l’omaggio che Giorgio Almirante, si parla di lui anche se non viene citato, rese al feretro del leader Pci. Sin dall’inizio dell’appuntamento che apre la giornata conclusiva della kermesse a Pescara, il presidente del Senato, intervistato da Bianca Berlinguer, mette in rilievo il fatto che la giornalista sia figlia dello storico leader Pci, ed è poi lei a puntualizzare che «io parlo per me stessa» pur sottolineando il valore della figura del padre nella storia della sinistra italiana, e non senza un accenno alla drammatica e prematura scomparsa. Momenti che la platea sottolinea con un applauso crescente che culmina nel momento in cui lo stesso presidente del Senato si alza in piedi, imitato dalle tutti i presenti.