L’ordine di scuderia, messo nero su bianco in una nota redatta da Valentino Valentini, per conto del Cav, è stringato ma il senso politico è destinato a dettare l’agenda azzurra. Tradotto: organizzare ovunque comitati per il No, lavoro pancia a terra per tutta l’estate. Di più: monitorare tutti i comitati spontanei che nascono contro il referendum costituzionale e vedere quali sono quelli con i quali si potrà fare asse. Silvio Berlusconi da Arcore, appena dimesso dal San Raffaele, riprende in mano il boccino delle danze azzurre, ultimamente giudicate dai fedelissimi un po’ troppo “scomposte”, e traccia la linea che va anche oltre la consultazione, in caso di vittoria del no. Spiega chi conosce bene il Cav che l’obiettivo «è far perdere a Matteo Renzi il referendum, ma non quello di andare a elezioni».Perché la linea della realpolitick dell’ex premier e leader azzurro sarebbe quella di «andare a un governo di scopo (presieduto da chi è giudicato l’ultimo dei problemi) che cambi innanzitutto la legge elettorale introducendo il premio di coalizione. Che lo libererebbe dalla morsa di un listone unico con Matteo Salvini, e così potrebbe avere ancora un anno per organizzare lo schieramento dei moderati». Solo desideri? Il punto però è che Renzi è più debole. E se vincesse il no, a quel punto cambiare l’Italicum che era il corollario della riforma costituzionale diventerebbe inevitabile. E per farlo non basterà qualche mese. Questi sarebbero i ragionamenti che si stanno facendo a Arcore, dove l’altra sera Berlusconi ha convocato i capigruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Paolo Romani, il capo della segreteria e delle relazioni esterne, di fatto portavoce del Cav, Valentino Valentini, il responsabile dei coordinatori regionali Sestino Giacomoni e il senatore- avvocato Niccolò Ghedini.Quanto alle tensioni interne, il caso Deborah Bergamini riconfermata dal Cav capo della comunicazione si ritiene “strachiuso”. Ma le tensioni vere nel partito sono riemerse con un’ intervista a Il Corriere della sera di Giovanni Toti. Secondo i maliziosi, il governatore ligure, ritenuto, dentro l’ala moderata di FI, «sostenitore di un ticket con Salvini per Palazzo Chigi», non avrebbe mandato giù le nomine dello staff fatto da collaboratori storici del Cav. E si sarebbe sentito ridimensionato. Anche perché come spiega chi conosce bene Fi: «Lui è sempre consigliere politico, ma l’incarico non è previsto dallo statuto». Spicca nello staff Valentini, già consigliere diplomatico dell’ex premier. Quanto alla conferenza programmatica chiesta da Toti, quasi un congresso, c’è già chi prevede che al massimo il Cav, visti i tempi tecnici, «potrà fare convocare il Consiglio nazionale». Ma ora l’obiettivo è «far arrivare logorato il premier a ottobre». Per questo ai filo-centrodestra di Ncd al Senato sarebbe arrivato il consiglio di abbandonare la minaccia dell’appoggio esterno e di limitarsi a qualche sgambetto a Renzi. È il referendum la madre di tutte le battaglie non più solo di “Matteo” ma anche, a parti rovesciate, di “Silvio”.