Dai guai giudiziari al Parlamento europeo: è un destino comune quello di Domenico Lucano e Ilaria Salis, i due candidati di punta di Avs che hanno sbancato alle urne, garantendo ai verdi di Angelo Bonelli e alla Sinistra di Nicola Fratoianni di abbattere il muro della soglia di sbarramento.

Ma non solo: Lucano, alias “Mimmo il curdo”, ha anche riconquistato la guida di Riace, per il quarto mandato, dopo i quasi tre che lo hanno visto in sella fino al 2018, quando venne arrestato nell’ambito dell’operazione “Xenia”. Due risultati straordinari che rappresentano anche qualcosa in più di un semplice successo elettorale: è il trionfo del garantismo, che ha premiato due persone finite a processo, uno per l’accoglienza -, risultando assolto solo dopo una pesante condanna a 13 anni e due mesi da tutti i reati legati al “modello Riace” -, l’altra in quanto sospettata di aver partecipato ad un’aggressione ai danni di un militante di estrema destra in Ungheria, vicenda per la quale è rimasta in un carcere-lager di Budapest per oltre un anno.

Le loro vicende giudiziarie sono ancora in corso: per Lucano toccherà attendere la Cassazione, mentre Ilaria Salis è ancora a processo e rischia una pesante condanna. Ma sono state quelle vicende giudiziarie, forse, a scatenare l’ondata di voti da parte di un elettorato che comincia forse a intravedere i limiti della giustizia spettacolo, quella che, ad esempio, aveva trasformato un sindaco modello, studiato in tutto il mondo, in un bandito.

«Mimmo Lucano per me è zero», aveva detto il leader della Lega Matteo Salvini all’indomani dell’indagine che poi lo fece finire ai domiciliari e gli fece perdere la guida di Riace. Guida che ora ha riconquistato, dopo un mandato in mano ad Antonio Trifoli, suo vecchio antagonista in Consiglio e sponsorizzato dallo stesso leader del Carroccio, che per le scorse amministrative era arrivato nel paese dei bronzi per chiudere la sua campagna elettorale.

Questa volta, però, le cose sono andate diversamente: Lucano - che alle Europee ha incassato al primo tentativo oltre 180mila preferenze - ha ripreso le redini di Riace, il risultato che più gli stava a cuore, battendo il sindaco uscente e l’altro candidato, Francesco Salerno, al quale aveva già soffiato la fascia nel 2004. «Sono contento - ha dichiarato al termine dello spoglio per le Europee -, ma solo tornare a fare il sindaco di Riace mi renderebbe davvero felice». Detto, fatto: il neo deputato europeo, poco prima delle 17, è stato rieletto sindaco del piccolo Comune, esplodendo in un urlo di gioia liberatorio.

E potrà svolgere entrambi i mandati, essendo Riace un Comune sotto i 5mila abitanti. Salis, invece, arriverà a Bruxelles con un carico di 173mila voti, che le garantiranno - appena sarà ufficialmente proclamata europarlamentare - di tornare in libertà, lasciando gli arresti domiciliari in Ungheria. Un posto, aveva denunciato, dove non si sentiva al sicuro, specie dopo che l’indirizzo della famiglia che la ospita era stato reso noto in udienza: decine le minacce ricevute, tanto da chiedere alla premier Giorgia Meloni di poter scontare i domiciliari in ambasciata, richiesta rimasta senza risposta.

Simile alla posizione di Lucano e Salis quella di Antonio Decaro, sindaco di Bari che ha raccolto quasi 500mila preferenze in seno al Pd. Pur non essendo indagato, infatti, il presidente dell’Anci era finito nella bufera per l’indagine che aveva colpito la sua amministrazione e che ha aperto le porte del Municipio ad una Commissione d’accesso. Mentre i partiti di centrodestra invocavano le sue dimissioni, Decaro si è messo in gioco, raccogliendo la fiducia dell’elettorato.

Il trionfo dei “perseguitati” sui persecutori, dunque, che si compie ironicamente con la sconfitta di Michel Claise, il giudice istruttore del Qatargate, in Belgio: candidato con il partito centrista DéFi per le politiche belghe, dopo esser stato costretto, un anno fa, ad abbandonare l’indagine per un possibile conflitto di interesse, l’ex toga ha raccolto - secondo i dati diffusi da Rtbf - 6739 preferenze, piazzandosi al secondo posto tra le fila del partito. Fermo, però, solo all’1,2% a livello federale, una cifra piccolissima, che sbarra al magistrato la strada verso il Parlamento.