Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, non è salito sul palco del Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini. Schillaci era stato invitato per intervenire nell’ambito del panel “La salute, un bene per tutti”, dedicato al ruolo delle istituzioni e del privato sociale. Il ministro ha scelto di inviare soltanto un videomessaggio.

Una scelta che ha fatto subito divampare le polemiche anche in relazione alla bufera che si è scatenata negli scorsi giorni, dopo la decisione del Ministro di azzerare il comitato vaccini aprendo una profonda divisione nella stessa maggioranza di centrodestra che sostiene il governo Meloni. Dal ministero si sono così affrettati a veicolare un’interpretazione ufficiale dell’assenza di Schillaci, spiegando come la scelta di non partecipare all’appuntamento di Rimini, ma di inviare un videomessaggio, fosse stata presa da tempo e nulla avrebbe a che fare con l’azzeramento del Nitag.

In ogni caso, si capisce come rimanga molto alta la tensione nel centrodestra, anche perché la battaglia sul Nitag è soltanto rinviata a settembre e portarla a casa senza ulteriori intoppi non sarà una passeggiata di salute.

Il Nitag è l’organismo che fornisce al Ministero le raccomandazioni scientifiche sulle strategie vaccinali. Un ruolo fondamentale, tanto più in un Paese che negli ultimi anni ha dovuto fronteggiare prima l’emergenza Covid e oggi il problema, non meno rilevante, del calo delle coperture vaccinali. Il rinnovo della commissione aveva incluso due medici noti per posizioni critiche sui vaccini. Si tratta del pediatra Eugenio Serravalle e dell’ematologo Paolo Bellavite, le cui posizioni critiche sui vaccini, in particolare sui vaccini pediatrici e anti-Covid, erano ben note e avevano sollevato immediate proteste. Di fronte al clamore mediatico e all’allarme sollevato da larga parte della comunità scientifica, tra cui la Federazione degli Ordini dei medici, Schillaci, ha fatto marcia indietro: anziché chiedere le dimissioni solo dei due esperti, ha preferito azzerare l’intero comitato e rinviare a settembre la designazione di una nuova commissione. Quella che doveva essere una correzione di rotta a tutela del rigore scientifico si è trasformata, però, in uno scontro totale all’interno della maggioranza di centrodestra per l’irritazione della stessa premier Meloni. Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, ha attaccato pubblicamente Schillaci per la gestione della vicenda, definendo la retromarcia sul Nitag “un pessimo segnale dal punto di vista scientifico e culturale”. Secondo Salvini, al Ministero della Salute “c’è evidentemente qualcosa che non funziona”. Il riferimento è al fatto che lo stesso Schillaci aveva inizialmente firmato la nomina dei due medici “indipendenti” per poi ritirarla sotto pressione.

Sulla stessa linea critica si è posto anche Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e figura di spicco di Fratelli d’Italia. Lollobrigida ha difeso la presenza di opinioni eterodosse nel comitato vaccini, affermando che “gli organismi plurali servono a contenere idee differenti” e che “la storia insegna che non sempre il pensiero scientifico dominante è quello giusto”.

In questo quadro, a prescindere dalle spiegazioni più o meno ufficiali, provenienti dal Ministero per provare a edulcorare l’assenza di Schillaci a Rimini, la scelta assume un significato politico. Quel palco, con la presenza di relatori come il vicepresidente della Consulta Luca Antonini e il professore di politica sanitaria Michele Castelli, avrebbe inevitabilmente rilanciato il dibattito sulle politiche vaccinali, sul futuro del Nitag e, dunque, anche sulla frattura interna alle forze di governo che sarebbero stata anche al centro delle domande dei cronisti. Schillaci ha preferito evitare di alimentare ulteriori tensioni, in attesa che il nodo venga sciolto con la ricostituzione del comitato a settembre.

La questione vera, però, resta più ampia. La credibilità delle istituzioni sanitarie si fonda sulla capacità di garantire che gli organi tecnici parlino il linguaggio delle evidenze, non quello delle opinioni. I vaccini non possono terreno di mediazione politica: la stagione della pandemia lo ha dimostrato. La vicenda Nitag, invece, ha nuovamente messo in evidenza un equilibrio fragile: da un lato la comunità scientifica chiede rigore e chiarezza, dall’altro la politica tenta di tenere insieme anime diverse, persino quando si tratta di salute. Schillaci ha provato a ripristinare ordine azzerando tutto. Ma come si potrà arrivare a ricostituire il comitato in modo che nessuno possa dubitare della sua autorevolezza e senza che la politica protesti rimane tutto da capire.